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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2013 alle ore 08:16.

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MILANO. «Non è merito mio, sono salito su un treno già in corsa» aveva detto due settimane fa, come per schermirsi, Claudio Luti, da pochi mesi presidente del Cosmit. A chiusura della manifestazione i dati ufficiosi parlano di oltre 300mila visitatori.

Che bilancio fa Claudio Luti di questa edizione del Salone?
«Sono molto soddisfatto. È stata un'invasione bonaria di delegazioni estere, di compratori cinesi, di africani e brasiliani. Il successo dei numeri – ancora ufficiosi – ha mostrato un comparto manifatturiero vivo, ricchissimo di novità, materiali di tendenza ed ecosostenibili. Abbiamo avuto delegazioni da 140 Paesi a Milano per le novità del nostro design. Vista dal Salone, l'Italia non sembra affatto un Paese in declino».

I numeri raccontano però un'altra realtà...
Questo dimostra che se il Paese avesse una politica industriale e si desse delle priorità, il comparto del mobile avrebbe tutte le carte in regola per superare la concorrenza. Oggi è solo il Salone il nostro strumento di politica industriale e ha dimostrato di funzionare. I tedeschi hanno ottimi rapporti coi contractors, grazie a un sistema Paese che tra banche, assicurazioni e camere di commercio sostiene gli imprenditori; i francesi hanno la distribuzione; gli inglesi i grandi studi di progettazione. Noi sappiamo dialogare col designer e con il piccolo artigiano dell'indotto. Abbiamo la qualità dei prodotti ma dobbiamo "comunicare" ciò che facciamo – come sanno gli stessi imprenditori – puntando su distribuzione e marketing nei mercati esteri.

Il commissario Ue all'Industria, Antonio Tajani, ha promesso una strategia europea per il legno e un dialogo con il Brasile per attenuare la durezza dei dazi. Che ne pensa?
È certamente uno straordinario segnale di attenzione da parte di Bruxelles. Purtroppo il Sudamerica non ha interesse a rivedere la propria politica doganale. Sarà un processo lento mentre già ora il mercato potrebbe assorbire al meglio il nostro prodotto.

Torniamo in Italia: Iva al 4% e credito d'imposta sarebbero risposte adeguate?
Consentirebbero a chi sinora è rimasto sul mercato italiano di avere un po' di ossigeno per internazionalizzarsi o diventare un'impresa di nicchia. Attendiamo un interlocutore.
L.Ca.

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