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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2013 alle ore 11:00.

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Oman:luce verde per il business. Un Paese ancora poco conosciuto è il protagonista della country presentation – che si tiene mercoledì a Roma – organizzata da Confindustria Assafrica e Mediterraneo in collaborazione con l'ambasciata dell'Oman a Roma e l'Ambasciata d'Italia a Mascate.

Il sultanato sta facendo un grande sforzo per diversificare la sua economia, ancora troppo dipendente dal petrolio. Perciò, pur rimanendo un mercato limitato (circa 3 milioni gli abitanti, secondo il Fmi)sta diventando un luogo di interesse per le imprese straniere e anche per quelle italiane, visti anche gli ottimi rapporti con il nostro Paese. «Il nostro obiettivo – spiega l'ambasciatore italiano a Mascate, Paola Amadei– è far conoscere innanzitutto il Paese. Oggi l'Italia in Oman ha una presenza non numerosa ma molto qualificata. Ci sono grandi e medie società che operano soprattutto nel campo delle opere infrastrutturali».
In effetti, il piano di sviluppo 2011-2015 prevede investimenti in infrastrutture per 60 miliardi di euro: lo scopo è creare un grande polo logistico integrato che assicuri l'interoperabilità dei trasporti attraverso l'integrazione di aeroporti, porti, strade e ferrovie. Si stanno ampliando l'aeroporto internazionale di Mascate e quello di Salalah e se ne stanno realizzando altri quattro, in collegamento con altrettanti porti a Sohar, Salalah e Dqum, mentre il porto di Mascate sarà riconvertito a porto turistico. «Anche il turismo – continua Paola Amadei – è uno dei settori su cui il Paese punta, e questo vuol dire edilizia, forniture per alberghi, servizi, barche e tutto ciò che è collegato. Gli italiani qui hanno già partecipato alla realizzazione di autostrade, cavalcavia, lavori di fondazioni, tutti lavori altamente qualificati. I rapporti col nostro Paese sono cementati anche da una collaborazione sul piano culturale, perché con l'università di Pisa e di Bologna e con l'architetto d'Errico, abbiamo contribuito a restaurare e consolidare il patrimonio storico e artistico dell'Oman».

Tecnologicamente molto avanzato, per esempio, è l'impianto completo per la laminazione dell'alluminio del valore di 300 milioni di dollari che sta realizzando Fata (Gruppo Finmeccanica), che avrà una capacità produttiva annua a regime di 160mila tonellate, e sarà inaugurato a fine anno. Dice Ignazio Mancada, presidente di Fata spa: «In Oman abbiamo lavorato bene, tra l'altro esiste una legge che obbliga le società a far lavorare una parte di personale omanita e questo dimostra la loro volontà di formare al meglio la popolazione. Il sultano vuole anche che i cittadini si avvicinino all'arte e alla cultura e sta facendo molti investimenti in questo senso, come dimostra la realizzazione di un'Opera house. Si tratta di un Paese abbastanza aperto dal punto di vista sociale».
L'Oman, inoltre, ha una posizione geograficamente strategica e può porsi come hub logistico sulle rotte commerciali che vanno dall'India all'Africa. «È proprio questo il punto di forza del Paese - afferma Fabio Scacciavillani, chief economist del fondo sovrano omanita – se guardiamo a una prospettiva di 20 anni, vediamo che l'Oman si trova a cavallo dei due grandi boom demografici, gli ultimi che avrà l'umanità: quello indiano e quello africano. Sta inoltre nella fascia che comprende Irak, Iran, Turchia e Repubbliche dell'Asia centrale, un'area che conoscerà una crescita importante. In molti Paesi africani, inoltre, ci sono comunità omanite.Un altro aspetto importante è il commercio, ci sono free zone e un trattato di libero scambio con gli Stati Uniti».
A proposito di commercio, l'export italiano verso il Paese consta prevalentemente di macchinari, il 25% del totale del l'export, che nel 2012 è stato di circa 400 milioni di euro, con un aumento del 35% sul 2011. I diritti di dogana sono del 5% per la quasi totalità delle merci.

Spiega caterina Carannante, in Oman da 4 anni, direttore generale di Tricolore international LLC, società commerciale di diritto omanita ma costituita da italiani: «Questo è un mercato ancora sensibile al prezzo ma in questi 4 anni ho notato una sempre maggiore attenzione alla qualità. L'idea di costituire qui una società ci è venuta perché le aziende italiane che intendevano esportare qui avevano bisogno di un supporto locale. Tra l'altro, nel ramo alimentare e bevande, che è uno dei due filoni in cui operiamo di più (l'altro sono le costruzioni e le forniture per interni) è necessario passare per forza da una società omanita, e noi giuridicamente lo siamo. Qui c'è un grandissimo boom dell'edilizia, sia pubblica sia privata e noi con le nostre aziende italiane partner partecipiamo alle selezioni e alle gare di appalto. Ricordo che fino a qualche tempo fa quando si costruiva un edificio, gli omaniti importavano tutto a prezzi stracciati dalla Cina: finestre, mobili, rivestimenti. Ma si stanno accorgendo che risparmiavano nell'immediato, ma la pessima qualità della merce li faceva poi perdere nel breve e medio periodo. Ora c'è molto più attenzione ai nostri prodotti».

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