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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2013 alle ore 08:20.

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TARANTO
Ora che le priorità sono state individuate e riguardano le scuole del quartiere Tamburi di Taranto, l'area destinata alle imprese del Comune di Statte e il Mar Piccolo di Taranto, si tratta di far partire i primi progetti. Sulla rampa di lancio, quindi, la bonifica di quanto è all'esterno del siderurgico e che risulta contaminato da anni di emissioni. In proposito, la cabina di regia, coordinata dal commissario per la bonifica, Alfio Pini, e dalla Regione, presenti anche gli enti locali, si é data tempi serrati: avviare gli interventi prima dell'estate in modo da avere i lavori in corso nella seconda parte dell'anno.
D'altra parte, la legge 171 che ha stanziato le prime risorse per la bonifica è del 4 ottobre scorso, antecedente quindi a quella dell'Aia per l'Ilva, la 231 del 24 dicembre, e non sfugge come la partita del risanamento ambientale non vada giocata solo all'interno del siderurgico, mettendo in sicurezza gli impianti, ma anche e soprattutto nel vasto comprensorio esterno alla fabbrica, tra terreni e mare, oggi fortemente compromesso, come hanno accertato le analisi effettuate nel tempo. Al momento, non sono però molti i soldi stanziati per la bonifica. Secondo un quadro fornito a fine gennaio dal ministero dell'Ambiente, il protocollo per il risanamento dell'area di Taranto, cui la legge 171 si rifà, prevede sì uno stanziamento complessivo di 396 milioni di euro, di cui 283 disponibili e 113 da reperire, ma tolti i fondi per l'ammodernamento del porto (187 milioni), per la "Smart Area" (60 milioni) e per la riqualificazione industriale (30 milioni), alla bonifica vera e propria vanno per ora 119 milioni, di cui 66 disponibili e 53 da reperire. Queste risorse sono così ripartite: 21 per la bonifica e messa in sicurezza permanente dei sedimi contaminati da pcb nel Mar Piccolo, 50 per la falda superficiale del sito di interesse nazionale di Taranto, 8 milioni per il rione Tamburi, 40 per l'area imprese di Statte. Ed è agli obiettivi indicati dal protocollo che si è poi rifatta la cabina di regia nel fissare le prioritá. «Ora che il quadro è un poco più chiaro, non dobbiamo perdere tempo» dice il commissario Pini.
Per il rione Tamburi, il più esposto all'inquinamento dell'Ilva data la sua vicinanza agli impianti, l'intervento si concentrerà su cinque scuole (Deledda, De Carolis, Gabelli, Vico e Giusti) con una spesa di 8,9 milioni di euro su progetti predisposti dal Comune di Taranto. I lavori dovrebbero partire a fine anno scolastico in modo da sfruttare il periodo di vacanza degli studentu per riconsegnare poi a settembre gli edifici messi a norma. Fra i lavori previsti, rientrano l'adeguamento impiantistico, il miglioramento dell'efficienza energetica, la sostituzione dei pavimenti e degli infissi. Resta poi da affrontare la bonifica di tutti quei terreni non asfaltati risultati inquinati e dove il Comune, con due ordinanze sindacali, ha bloccato l'accesso. Per l'area di Statte, invece, il ministero dell'Ambiente ha dato il via libera al piano di caratterizzazione della falda utile a capire, sulla base degli inquinanti presenti, che tipo di azione poi effettuare.
Lo studio sarà avviato entro fine maggio per essere completato nell'arco di un mese. I lavori dovrebbero invece partire a fine agosto. Si prevede di spendere 27 milioni. Su Mar Piccolo, invece, che è un mare interno della cittá, l'attivitá di disinquinamento si concentrerà sul primo seno dove la contaminazione di diossina e pcb ha messo ormai da tempo fuori gioco la coltivazione delle cozze, tanto da dover rendere necessaria sia la distruzione del prodotto nelle estati 2011 e 2012, sia lo spostamento degli impianti di mitilicoltura (avverrá il mese prossimo) in Mar Grande, più esposto al Golfo di Taranto. Su Mar Piccolo, però, l'Arpa Puglia, attraverso uno studio preliminare che valuterá anche l'andamento delle correnti marine, dovrà dire in sei mesi quale metodologia è la più appropriata e quali altre sorgenti inquinanti, dopo la chiusura degli scarichi di fogna, sono ancora attive. Uno dei timori espressi, infatti, è che il dragaggio dei fondali al fine di liberarli dalle sostanze inquinanti, possa poi trasportare queste ultime altrove, magari nel secondo seno di Mar Piccolo, creando così ulteriori danni ambientali. E cosí, oltre al sollevamento dei sedimenti dai fondali, si potrebbe optare per un'altra tecnica, il cosiddetto "capping", che consiste nel coprirli con materiali particolari. «In ogni caso - sottolinea Antonello Antonicelli, dirigente dell'assessorato regionale all'Ambiente - dovremo decidere nei prossimi sei mesi per non perdere i finanziamenti».
Mar Piccolo, proprio perché alla fine non si è deciso quale strategia adottare, nel 2005 ha giá perso 25 milioni di euro che, destinati alla bonifica di 170 ettari, sono poi stati dirottati dalla Regione all'area di mare di Manfredonia per un intervento che si è rivelato risolutivo.
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