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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2013 alle ore 06:45.

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Il fiume Po nei pressi di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara (Ansa)Il fiume Po nei pressi di Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara (Ansa)

Lo sguardo è proiettato lontano, ai prossimi quattro decenni, ma 145 milioni di euro sono già stati stanziati e il progetto di riqualificazione e infrastrutturazione dell'idrovia ferrarese ha già la forma di cinque lotti di cantieri aperti lungo il Po e 70 milioni di euro di lavori appaltati su un percorso di 70 chilometri lungo il Grande fiume. Una scommessa che la Provincia di Ferrara vuole lasciare al territorio a prescindere dalla sua sopravvivenza istituzionale e che è stata in questi giorni abbracciata dall'Unione europea, che l'ha inserita a pieno titolo nei dieci corridoi chiave della rete transeuropea dei trasporti 2014-2020, un'opera da 50 miliardi nel settennio.
«Rappresentiamo il terminale sud dell'intero sistema idroviario padano-veneto (957 chilometri di cui 564 utilizzabili a fini commerciali, ndr) potenziale anello di snodo e congiunzione del futuro Corridoio Mediterraneo, del Corridoio Helsinki-La Valletta e di quello Baltico-Adriatico, che ha il suo core port nello scalo di Ravenna, sbocco naturale dell'idrovia ferrarese e di tutta la ricca economia padana. Dobbiamo arrivare a competere con Danubio e Rodano ma per farlo occorre fare sistema tra istituzioni e privati», spiega Marcella Zappaterra, presidente della Provincia di Ferrara. Fino a poco tempo fa considerata una visionaria, «oggi l'avallo dell'Ue rende credibile questo nuovo modo di vedere il mondo: più europeo, più green, più sostenibile», afferma Zappaterra.

Anche il Po navigabile, dunque, assieme a infrastrutture stradali come la Cispadana, la E55 e il potenziamento della Ferrara-mare potrebbe rappresentare una leva strategica per lo sviluppo del territorio. Un triangolo di pianura affacciata sull'Adriatico pesantemente penalizzato dall'isolamento, con un indice di rete stradali e ferroviarie dimezzato rispetto al resto della regione (66 contro oltre il doppio dell'Emilia-Romagna, fatto pari a 100 il valore nazionale). «In Europa ci sono 30mila km di idrovia tra canali e fiumi navigabili e il trasporto su reti d'acqua è il 6,5% del totale contro lo 0,1% dell'Italia», precisa Leonzio Rizzo, professore di Economia pubblica all'Università di Ferrara. E non sottovaluta l'input a costo zero che l'idrovia rappresenterebbe per le imprese, creando nuove opportunità di business turistico e commerciale e offrendo un mezzo di trasporto sì lento (si viaggia a 6-8 km all'ora a corrente libera) ma ecologico per merci voluminose a basso valore aggiunto, come inerti, materiali edili e ferrosi, cereali, olii, prodotti chimici, gas: con un litro di carburante una chiatta trasporta una tonnellata di merce per 127 km, contro i 97 del treno merci e i 50 km di un Tir e in un solo viaggio ha una capacità 60 volte quella di un camion. «Se i 440 milioni di tonnellate oggi trasportate in Europa per idrovia passassero sulla strada, le emissioni inquinanti aumenterebbero del 10%», aggiunge Rizzo. Precedenti studi dell'Aipo, l'Agenzia interregionale per il fiume Po, stimavano che l'idrovia padano-veneta avrebbe potuto togliere dalla Milano-Venezia 5mila tir al giorno.

«L'obiettivo della commissione europea - spiega Cesare Bernabei, della direzione Mobilità e trasporti di Bruxelles con responsabilità sulle vie navigabili interne - è arrivare entro il 2030 a completare la rete centrale "core"dei dieci corridoi, un investimento da 250 miliardi di euro fino al 2020, dentro cui ricade il sistema idroviario sul Po, ed entro il 2050 la rete globale "comprehensive". Per l'attuazione dell'intero Sistema europeo dei trasporti servirebbero però 1,5 trilioni da qui al 2030». Numeri oggi non alla portata della cassa europea, ma Ferrara guarda intanto dritto all'obiettivo di rendere navigabile la sua idrovia entro dicembre 2015 dalla città a Porto Garibaldi (quindi al porto di Ravenna, primo hub in Italia per le merci rinfuse e leader nei traffici sul Mediterraneo e il Mar morto), forte dei 145 milioni di fondi statali, destinati a rendere l'asta fluviale adatta a imbarcazioni fino a 110 metri di lunghezza e 12 di larghezza (classe V europea) e utilizzabile almeno 340 giorni l'anno. «Per completare il progetto servono però altri 100 milioni di euro ed è perciò necessario puntare sul fund raising e il coinvolgimento dei privati», conclude la presidente provinciale che ha creato una cabina di regia ad hoc sull'infrastruttura viaria con Regione, autorità portuale di Ravenna e Aipo.

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