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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2013 alle ore 11:00.

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Atlanta Georgia (Corbis)Atlanta Georgia (Corbis)

ATLANTA - Tredici anni fa a Orlando, Florida, la minaccia più concreta era quella spagnola. Oggi ad Atlanta, Georgia, ad insidiare il primato mondiale della ceramica italiana ci sono i soliti cinesi. In realtà è un primato che ha già subìto una modifica strutturale importante: resiste in valore, non in volume, segno che il made in Italy è soprattutto gamma alta, qualità e innovazione. A Coverings 2013, una delle manifestazioni internazionali più importanti del settore, si respirava un'aria di ragionevole ottimismo perché l'economia americana è ripartita, sostenuta in maniera determinante dall'industria delle costruzioni.

Una buona notizia per gli 80 marchi italiani presenti in fiera dal 29 aprile al 2 maggio. E anche se gli analisti hanno definito «deludente» la crescita del Pil Usa nel primo trimestre (+2,5%), è una «delusione» che i nostri imprenditori del settore vorrebbero sperimentare anche a casa propria. Nel primo trimestre l'export di ceramica è cresciuto del 15% sul mercato americano rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. «C'è una correlazione piuttosto chiara tra la crescita nella concessione di nuovi permessi di costruzione (housing starts, ndr) e quella delle importazioni di ceramica dall'Italia», osserva Donato Grosser, consulente a New York e autore di uno studio sulle prospettive del mercato. Non si tornerà più ai livelli che hanno preceduto lo scoppio della bolla sui mutui subprime, con oltre 2 milioni di licenze di costruzione raggiunti nel 2006, ma c'è una chiara ripresa dalla debole media del periodo 2007-2012, di circa 500mila licenze all'anno. «Il livello attuale - continua Grosser - è intorno al milione all'anno, ed è una crescita sostenibile nel medio periodo. È inoltre cambiata la struttura del mercato: al momento tirano soprattutto il residenziale e le ristrutturazioni».

Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica, conferma il buon andamento delle vendite sul mercato americano: «Entusiasmo è forse una parola grossa, ma non c'è dubbio che qui negli Stati Uniti ci sia un consenso generalizzato tra gli operatori sul miglioramento del quadro economico americano, soprattutto nell'edilizia. Gli americani in questo momento comprano bene dall'Italia e per quanto ci riguarda è il 10% della nostra produzione. Gli Stati Uniti, dopo l'Unione europea, sono il nostro secondo mercato». Secondo Manfredini la forza dell'export italiano risiede ancora nel modello del distretto, che resta un mix unico al mondo di forza produttiva, innovazione tecnologica e prossimità territoriale di tutta la catena delle forniture e dell'impiantistica.
In fiera gli operatori del settore sono unanimi nel giudizio nei confronti degli ex "nemici" spagnoli: si sono in un certo senso autoeliminati dalla competizione globale affidandosi negli anni scorsi quasi esclusivamente a un mercato interno prodigiosamente drogato dalla speculazione. Diverso è il discorso per la Cina, che preme con forza sul mercato americano. In Europa, grazie anche alla pressione di Confindustria Ceramica, i dazi antidumping hanno prodotto un effetto positivo: l'import di ceramica dalla Cina si è dimezzato in un anno e mezzo. Sarà facile replicare lo schema negli Stati Uniti? Difficile a dirsi, anche se un primo segnale positivo si coglie con l'introduzione di dazi compensativi antidumping, da parte delle autorità americane, nel settore dei laminati.

A conferma dell'internazionalizzazione ormai raggiunta dal settore, il 50% della produzione americana di ceramica è riconducibile ad aziende italiane: Marazzi Group, acquisito di recente dal colosso Usa Mohawk, Florim, Iris, e Panaria Group. In tutto sei stabilimenti per servire il mercato Usa. «Che è un mercato in crescita, ma di certo non facile - come racconta Giorgio Romani, che assieme al fratello è alla guida operativa della Serenissima Cir, gruppo di Casalgrande con un fatturato di 110 milioni di euro, di cui l'export rappresenta il 75% - e dove la concorrenza cinese si fa sentire parecchio, soprattutto sulla West Coast». Altri imprenditori del settore citano barriere all'ingresso più o meno occulte. Ad esempio le procedure di fumigazione (disinfestazione) alle quali sono sottoposti tutti gli imballi in legno nei container in arrivo dall'estero, ma che per le aziende italiane della ceramica si sarebbero rivelate in alcuni casi particolarmente lunghe e onerose, «senz'altro più stringenti di quelle riservate alla concorrenza», come suggerisce un operatore italiano.

Sulle dinamiche del mercato americano, Romani ritiene sia importante sintonizzarsi sulle tendenze più recenti: «Il gusto si è molto evoluto negli ultimi anni, si va verso uno stile sempre più europeo e vanno molto bene le vendite di formati grandi. Teniamo d'occhio anche il mercato messicano, che fa parte dell'area di libero scambio con gli Stati Uniti e il Canada, e di quel nuovo gruppo di Paesi a forte tasso di crescita conosciuti con l'acronimo di Mist: oltre al Messico, appunto, Indonesia, Sudcorea e Turchia».

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