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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2013 alle ore 08:25.

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BERGAMO. Dal nostro inviato
Ventisette nel 2011. Una sola lo scorso anno. Il dato delle nuove iniziative imprenditoriali finanziate da Confidi Lombardia è forse la sintesi più eloquente della crisi epocale che si sta abbattendo sul sistema delle imprese e del credito. Per il consorzio fidi il 2012 è stato un anno complesso, con garanzie erogate in calo di oltre il 30% e un tasso di incagli e sofferenze che schizza al 12,5% del totale, cinque punti in più rispetto all'anno precedente. Crisi che si ripercuote anche nell'ultima riga di bilancio, con una perdita di 1,6 milioni di euro e che porta il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Barcella a lanciare un allarme netto, senza troppe mezze misure: «Serve una radicale riorganizzazione del sistema – scandisce – e le aggregazioni ormai sono necessarie perché l'alternativa è la liquidazione».
Sistema che scricchiola, quello dei consorzi fidi, in Lombardia come altrove, e proprio nel momento in cui il loro supporto è ancora più importante per le aziende, alla luce della costante riduzione del credito bancario, sceso del 2,8% su base annua a marzo.
Nel bilancio 2012 del consorzio di origine confindustriale, frutto della progressiva integrazione di nove Confidi lombardi (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Pavia, Varese, Sondrio e Mantova) e di Fidindustria Biella, le difficoltà delle aziende si leggono da un lato nella crescita di sofferenze e incagli, dall'altro nella ricomposizione della domanda di finanziamento. Si registra infatti un tracollo delle erogazioni di garanzie per azioni a medio lungo termine mentre sono in crescita a doppia cifra i fidi a breve termine e i sostegni alla liquidità aziendale. La strada maestra per resistere resta dunque quella dell'efficienza, anche se sul tema delle aggregazioni i punti di vista in parte divergono e Giovanni Grazioli, presidente di Confidi Lombardia, non vede la dimensione come elemento prioritario per guidare il riassetto, quanto piuttosto la ricerca di economie di scala mantenendo la "vicinanza" al territorio. Per Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria, è chiaro che il momento attuale richieda entrambi gli sforzi, uno dimensionale e un altro qualitativo, nelle modalità operative. «E comunque – conclude Boccia – il sistema va salvaguardato senza esitazioni perché un miliardo utilizzato qui può generarne 25 di nuovi crediti. Forse ridurre l'Imu è una scelta giusta per il consenso, non certo per lo sviluppo. Che per noi però resta la priorità».
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