Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2013 alle ore 08:24.

My24

La scienza triste, l'economia, da sola non basta. Senza le passioni e la voglia di mangiare futuro di soggetti sociali, famiglie, imprese e soprattutto dei giovani, non si va da nessuna parte.
Le analisi economiche, le previsioni dei mercati, le oscillazioni dello spread non scaldano i cuori. Anzi da un po' di tempo spalmano nella società una nebbiolina dove si brancola impauriti. Tra il mercato, l'economia e la società toccherebbe alla politica mettersi in mezzo con una visione di futuro. Insomma per dirla con il presidente del Consiglio Letta, necessita anche un po' di «follia visionaria». Da spendere per indurre speranza e confortare le tante antropologie della paura sociale diffusa. Mai come oggi occorre rivolgersi e saper parlare all'uomo indebitato. Non solo usando indistintamente il debito pubblico come colpa collettiva, ma spiegando come si possa far meglio con meno. Ad esempio recuperando e realizzando nella crisi del welfare state trame di welfare community che possano ripartire dai territori e da passioni solidali di ciò che resta delle comunità locali. Al di là della polarità teorico-pratica mai risolta tra stato e comunità, appare nella sua drammaticità la figura dell'uomo indebitato, quello che non ce la fa più: aumentano i tanti poveri che non hanno reddito minimo. Non credo sia "follia visionaria" riconoscere e riconoscersi attorno alla povertà come questione sociale. Certo, è difficile in presenza di una concezione della società, diffusa a piene mani, incardinata nell'individualismo proprietario e competitivo. Che Tom Wolfe ha definito in maniera folgorante nel suo libro "Il decennio dell'io".
Dall'antico adagio "ognuno per sé e Dio per tutti" si è passati all'ipermoderno e tecnologico slogan "ognuno vale uno". Il che non aiuta ad aggregarsi, ad aiutarsi per interessi di impresa o per diritti e forme dei lavori o a riconoscere e dar voce alle povertà estreme. Da qui le difficoltà delle parti sociali tutte, delle imprese e dei lavori, a fare rappresentanza nell'epoca della moltitudine. In tempi in cui è già "follia visionaria" pensare di fare meglio con meno, ci si trova a dover fare i conti con tanti che mirano al meglio e pochissimi che si occupano del meno. Sempre citando Tom Wolfe, i comportamenti collettivi sono caratterizzati dal «hanno fatto qualcosa che si pensava facessero soltanto gli aristocratici: hanno scoperto l'io e se ne sono infatuati!». Da qui la difficoltà della politica a mettersi in mezzo: occorre promettere solo il meglio, far ragionare sul meno non produce consenso.
Eppure in questa dissolvenza dell'aggregarsi, del mettersi assieme la crisi è piena di racconti di solidarietà e di voglia di comunità. Più per percorsi territoriali che per rappresentazione mediatica. Do questo significato alle manifestazioni del primo maggio che a Treviso e a Bologna hanno visto assieme sindacalisti e imprenditori. Ai tanti contratti di solidarietà applicati per cercare il meglio possibile per tutti con meno. Al tentativo milanese da parte dell'assessorato ai Servizi sociali di realizzare un fondo pubblico-privato, a fronte dei tagli e delle difficoltà del welfare pubblico, per dare reddito minimo a chi non ce la fa. Il tutto in sintonia con l'esperienza già sperimentata del Fondo Famiglia Lavoro del Cardinale che si pone gli stessi obiettivi.
Sono deboli tracce di una comunità che viene, utili per una politica che prova ad avere visione per andare oltre la crisi. Guardare e parlare all'uomo indebitato, supportare le tracce di solidarietà e coesione sociale che fanno welfare community con misure di reddito minimo non basta. La visione deve saper parlare all'antropologia del capitalismo molecolare, alla voglia e alla speranza di fare impresa e interrogarsi sull'antropologia del "No future" che attanaglia in un rumoroso silenzio i giovani. Il presidente del Consiglio anni fa fece un giro nell'Italia dei distretti; conosce bene quell'antropologia fatta di campanili, comunità, capannoni, con la famiglia che faceva da dna ricombinante del fare impresa. Si basava su un capitale sociale, prima ancora che economico, che la crisi ha intaccato togliendo fiducia e futuro a chi intraprende. Se la "follia visionaria" non saprà coinvolgere il tessuto diffuso del made in Italy accompagnandolo a fare meglio, un po' di ricerca – nuovi prodotti – reti lunghe di mercato e commercializzazione, con meno tasse e sgravi fiscali per le assunzioni, quel capitale sociale che ha conosciuto nei distretti italiani è a rischio di estinzione.
L'individualismo proprietario e la famiglia che ricombinava il tutto non bastano più. Occorre un nuovo dna ricombinante, un re-made in Italy di speranza che ci permetta di uscirne essendo ancora il secondo Paese manifatturiero di Europa. Speranza e futuro totalmente assenti nell'antropologia del "No future" dei giovani. Da una parte abbiamo 2 milioni di neet che non studiano e non lavorano, immobili nel rancore dei senza speranza. Dall'altra 40mila giovani con buona specializzazione che nell'ultimo anno sono andati a lavorare in Germania o nel mondo. Tra queste due polarità, quelli muti nel rancore e quelli che hanno "votato con i piedi" andandosene, quelli che sono rimasti fanno i conti con i numeri aspri della disoccupazione giovanile che punta verso la percentuale non socialmente compatibile del 40 per cento.
La "follia visionaria" è quindi più che mai necessaria per dare speranza a una società stanca e rinserrata. È difficile mettersi in mezzo tra il "decennio dell'io" raccontato da Tom Wolfe che ha generato la "decade maledetta" toccata ai giovani che si raccontano senza futuro in uno dei tanti blog in cui si autodefiniscono il quinto stato. È un passaggio stretto: o le piccole imprese iniziano a incorporare lavoro terziario e processi di innovazione assumendo giovani portatori di nuovi linguaggi, o non resterà loro che l'ennesima competizione al ribasso. E ai giovani con laurea e master non resterà che "votare con i piedi" cercando fortuna andandosene, quelli che ce la fanno.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi