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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2013 alle ore 08:24.

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GENOVA
«Genova? È il peggior porto italiano». Carlo Mearelli, presidente di Assologistica, parte all'attacco con un'affermazione che, ne è ben conscio, ha il sapore di una provocazione. Ma, per il numero uno dell'associazione che raggruppa imprese di logistica e terminal operator, è evidente che, dopo l'incidente che ha determinato il crollo della torre piloti nello scalo della Lanterna, la misura è colma.
«Il porto genovese – continua – non è nato per navi di grande tonnellaggio. E una manovra con una unità da 240 metri può andar bene mille volte, senza che succeda nulla. Ma con uno scalo in quelle condizioni di spazio, il rischio è sempre dietro l'angolo. Che un motore possa non partire è una probabilità che va messa in conto. E qualcuno ci deve spiegare come si fa a costruire un manufatto come la torre piloti così vicino all'acqua e in un'area di manovra. Ricorda il gioco dello Shanghai: una struttura instabile in una zona fortemente critica. Non ho idea di chi sia stato a individuare quel punto per costruirvi la torre, se il genio civile, l'Autorità portuale o chi ha fatto il progetto. Bisognerebbe però che chi, all'epoca, ha firmato quel documento, ora pagasse il conto. Ma sono sicuro che, invece, non succederà nulla. E continueremo a vedere ministri che fanno passerelle. Non se ne può più».
Mentre proseguono le ricerche dell'ultimo disperso (otto i corpi recuperati fino ad ora), ieri è stata aperta la camera ardente nella sede della capitaneria e domani pomeriggio si svolgeranno i funerali di Stato, nella cattedrale di San Lorenzo, officiati dal cardinale Angelo Bagnasco. I soccorritori sperano entro lunedì di trovare anche l'ultimo disperso, il militare spezzino Giovanni Iacoviello.
Mearelli riflette anche sull'intero sistema portuale italiano: «Abbiamo 40 scali e 26 Autorità portuali. Rappresentano lo spreco e lo sperpero frutto del solito compromesso politico italiano. Bisognerebbe avere uno o due porti in tutta Italia, invece, ma tutti continuano a guardare – afferma, pensando al Guicciardini – il proprio "particulare" e così ogni scalo trova motivazione per esistere; motivazione che, alla fine, si riduce al garantire degli stipendi. E così, siccome abbiamo tanti porti considerati importanti, non facciamo le opere necessarie in quelli davvero interessanti. A Genova, ad esempio, non si sposta la diga foranea. Se la Lanterna vuol restare con la struttura di un porto dell'800, da far visitare ai bambini, va benissimo. Ma se ci vogliamo avvicinare all'Europa occorrono porto e retroporto. E questo si potrebbe ottenere con l'allargamento in avanti, verso mare. Ma finora non è stato fatto. Per questo dico che Genova, essendo il primo porto italiano ed essendo nelle condizioni in cui si trova, è il peggiore».
Non a caso, aggiunge il numero uno di Assologistica, «l'unico scalo italiano al quale era interessato il porto di Dubai è quello di Taranto, che non ha limiti infrastrutturali e di spazi. Da lì, in effetti, la movimentazione con i treni sarebbe in grado di raggiungere qualsiasi destinazione. Genova o Trieste, al contrario, non hanno gli spazi necessari e Genova non può pensare che sia efficace un interporto a 150 chilometri dalle banchine».
Se Taranto ha gli spazi, non si può dire, però, che sia florido (si veda altro articolo in pagina). Dopo che il colosso dei container Evergreen lo ha lasciato per il Pireo, il porto pugliese ha segnato nel 2012 -55,3% di container movimentati, rispetto al 2011. Ma Mearelli incalza: «Taranto non sta funzionando perché non c'è la volontà politica di individuare un paio di porti strategici in Italia e di farli crescere. Dovrebbe essere sia un porto gate (dove i container si fermano, ndr) sia di transhipment (dove vengono trasbordati, ndr)».
In ogni caso, afferma il presidente di Assologistica, tornando alla vicenda ligure, «un grande porto non può permettersi, come ha fatto Genova, di rischiare un incidente come quello che è avvenuto. Ma è in buona compagnia, in Italia. Basti pensare alle navi da crociera che entrano a Venezia, città che è patrimonio dell'umanità. Al primo incidente grave, si dovrà parlare di morte annunciata. Si sta giocando, all'italiana, sulla sicurezza: il porto non è adatto a operazioni con quelle navi. Lo posso dire perché io non sono in campagna elettorale».
Se in Europa, conclude, «le infrastrutture portuali crescono al crescere delle dimensioni delle navi che vi transitano, in Italia si resta statici. I nostri porti rischiano di diventare sempre più piccoli, e quindi pericolosi, al crescere delle stazze».
Mearelli ha anche chiesto al ministro di Infrastrutture e trasporti, Maurizio Lupi, di varare provvedimenti «che affrontino lo sviluppo del nostro sistema portuale in termini di effettiva agibilità dei porti».
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Le tonnellate di merci, la variazione % del 2012 sul 2011 e le quote di mercato dei porti italiani

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