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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 06:48.

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È ancora boom per il Prosecco, il driver dell'export italiano. Nel primo quadrimestre dell'anno le vendite della Doc sono balzate di quasi il 15%: un dato superiore alle aspettative dei produttori che, in un primo tempo, avevano ottenuto lo stoccaggio del 10% della produzione, salvo, poi, svincolarlo quando è svanito il pericolo che l'eccesso di offerta deprimesse i prezzi.
La zona di produzione del Prosecco Doc ricade in 9 province tra Veneto e Friuli, comprese le aree della Docg di Conegliano Valdobbiadene e Colli Asolani. La nuova produzione di Prosecco conta su 230 milioni di bottiglie (200 la precedente), che con la Docg di Valdobbiadene sfonda la soglia dei 300 milioni. Il 60% della produzione va all'estero, soprattutto in Germania, Usa e Regno Unito. Insomma in pochi anni è nato un nuovo distretto che scoppia di salute.
«Dati impensabili non 20 anni fa – sostiene Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela del Prosecco Doc – ma pochi anni fa». Ma qual è il segreto del successo? «Il Prosecco – spiega Zanette – si fa apprezzare perchè e un prodotto del made in Italy, gradevole e che si può consumare durante tutta la giornata». Ovviamente il prezzo gioca un ruolo fondamentale: in Italia una bottiglia di Doc si trova fra i 4 e i 6 euro, per una Docg 7 euro. All'estero varia molto in ragione dei dazi e dei costi di logistica. «Il Prosecco – interviene Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi – è un vino di consumo quotidiano, giovane e che piace alle donne. Sta rubando la scena allo champagne, un prodotto d'eccellenza ma che costa tanto e si beve solo nelle ricorrenze». Nonostante la crisi il Prosecco lo apprezzano anche in Italia. «Nel primo quadrimestre – osserva Massimo Poloni, direttore marketing di Valdo Spumanti di Valdobbiadene – le vendite in Italia sono cresciute del 4,6%. Il Muller Thurgau? Certo è cresciuto del 20% e costa meno ma non dà fastidio al Prosecco: è concorrente del Pinot e dello Chardonnay. Noi disputiamo il campo al vino bianco, a quelli fermi».
Il consorzio monitora costantemente i mercati e li governano (insieme alle Regioni Veneto e Friuli) con pugno di ferro: non vogliono che il fenomeno Prosecco possa correre dei rischi. «Fino a tutto il 2014 – spiega Zanette – vige il blocco ai nuovi impianti. Dopo verranno valutate varie opzioni, ma oggi gli ettari sono sufficienti a soddisfare la domanda». Dietro l'angolo un ulteriore balzo della produzione di Prosecco? «Certamente – risponde Moretti Polegato – le potenzialità di crescita all'estero sono consistenti: gli Usa possono dare ancora molto e poi si pensi alla Cina. Ma lo deciderà il Consorzio che quest'anno, per la prima volta, ha dato indicazioni di prezzo che sono state recepite e hanno evitato rincari potenzialmente dannosi». Eppure il boom del Prosecco prima o poi imporrà delle scelte. «Oggi – conclude Poloni – operano 450 aziende ma sono troppo piccole per garantire al mercato mondiale e alle catene commerciali flussi e qualità costanti, marketing: credo che si avvierà una selezione naturale».
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