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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 14:59.

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Qualcuno pagherà l'elettricità un po' di più: i single benestanti, ad esempio. Altri di meno: le famiglie numerose (specie quelle che potranno certificare un reddito vicino alla soglie di sussistenza) ma anche le piccolissime imprese. Ecco, seppure con una decina di anni di ritardo, la riforma di quelle che una volta venivano impropriamente definite tariffe "sociali" poi trasformate, con la liberalizzazione del mercato elettrico dei primi anni 2000, nelle tariffe "di maggior tutela" (del tutto analoghe). Insomma, le tariffe di chi mantiene ancora lo schema tariffario dell'ex monopolio e non è passato alle offerte contrattuali del mercato libero.

Via alla riforma, ha disposto l'Authority per l'energia avviando una consultazione che però delinea un percorso ancora lento. Le modifiche saranno «graduali», cominceranno a produrre i primi risultati non prima del 2015 e comunque non riguarderanno – chiarisce l'Authority – il prezzo della componente relativa al chilowattora bensì le altre voci di esercizio (trasporto, distribuzione, misura) e i cosiddetti "oneri di sistema" (finanziamenti per le rinnovabili, smaltimento del vecchio nucleare ecc.), che per un utente valgono poco più di un terzo del totale della bolletta.
Sta di fatto che il vecchio schema che garantisce sconti elettrici ai consumatori in grado di usare un contatore di potenza limitata a 3 chilowatt con consumi ridotti ha fatto, comprensibilmente, il suo tempo. Anche perché gli sconti per chi consuma poco riguardano una platea piuttosto consistente, circa la metà delle famiglie, e sono sussidiati con rincari sugli utenti domestici ora costretti a consumare di più e sulle imprese di minori dimensioni.

Un effetto perverso che oltretutto – sottolineano gli analisti – finisce per ostacolare la concorrenza tra fornitori, che difficilmente possono offrire ai consumatori "di maggior tutela" a consumi ridotti contratti alternativi a quelli dell'ex monopolista.

La nuova struttura delle tariffe dovrà comunque promuovere l'uso più razionale dell'energia, promette l'Authority in una nota nella quale sottolinea che il futuro sistema favorirà «l'utilizzo delle fonti rinnovabili, l'efficienza energetica, l'innovazione tecnologica e l'uso razionale delle risorse» anche con un allineamento delle tariffe elettriche «ai costi effettivi del servizio».

Per tenere conto tra l'altro dei «profondi mutamenti legati in particolare alla rapida e intensa penetrazione delle rinnovabili e allo sviluppo di nuove tecnologie con ampie possibilità di diffusione (ad esempio le pompe di calore) che consentono di raggiungere traguardi particolarmente significativi di efficienza energetica e di utilizzo di fonti green». Anche per queste ragioni l'Authority delinea la possibilità che la potenza minima di erogazione dei contatori venga innalzata da 3 a 3,5 chilowatt.

Tutto ciò «nell'ambito di meccanismi innovativi» che «consentano ai clienti finali di fare scelte basate su corretti segnali economici corrispondenti ai costi effettivi del servizio» eliminando distorsioni e migliorando la chiarezza «nel rispetto delle garanzie a tutela dei clienti più vulnerabili sul piano economico».

I cittadini più disagiati potranno comunque godere di un rafforzamento – fa sapere l'Authority - degli strumenti già introdotti da qualche anno e che prevedono rimborsi per le famiglie con redditi particolarmente bassi. O per chi, ad esempio, dipende da apparecchiature particolarmente energivore per motivi di salute.

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