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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2013 alle ore 06:48.

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BRESCIA. Dal nostro inviato
Arrestare il declino e restituire la fiducia. È il compito che ha dichiarato di volersi assumere il neopresidente dell'Associazione industriale bresciana, Marco Bonometti, ricevendo ieri il testimone dal presidente uscente Giancarlo Dallera. Una mission impegnativa. Anche Brescia, come tutti i principali territori a vocazione manifatturiera del nord Italia sta vivendo una delle crisi più pesanti della sua storia: nel primo trimestre la produzione ha registrato un calo tendenziale del 7,3%, la sesta variazione negativa consecutiva e le previsioni per il breve periodo non sono incoraggianti.
«Nonostante questo bollettino di guerra - ha spiegato ieri Bonometti parlando alla platea degli imprenditori che lo hanno eletto a larga maggioranza -, non riesco a perdere la fiducia e l'entusiasmo. Vedo un Paese vivo più che mai. Abbiamo il più alto stock di risparmio finanziario e, ancora oggi, un basso livello di indebitamento delle famiglie. La diffusione della proprietà della prima casa è capillare, sostanzialmente al riparo da bolle immobiliari. Ma soprattutto - ha aggiunto - vedo in giro ancora tanta voglia di fare, di resistere, di innovare, di non mollare». Bonometti è consapevole che «i posti di lavoro non si creano per decreto, ma in Italia - ha polemizzato - per decreto e in qualche caso anche per sentenza, i posti di lavoro si possono distruggere. Il problema principale dell'Italia non va più cercato soltanto nella finanza pubblica - ha sintetizzato -, ma anche nella bassa crescita, e la bassa crescita dell'Italia è determinata soprattutto dalla difficoltà di fare impresa nel nostro Paese».
Bonometti ha indicato nella globalizzazione, nella moneta unica e nella rivoluzione tecnologica ed informatica le cause della difficoltà ad attrarre investimento stranieri in Italia. Anche la corruzione - ha ammonito Bonometti, che guida Omr, un gruppo automotive fortemente internazionalizzato - è una delle facce di quel sistema economico illegale che costituisce un freno alla ripresa economica, ed è sbagliato continuare a pensare che l'illegalità sia tema solo del Mezzogiorno». Ora, però, si tratta di ripartire. «È giunta l'ora che anche gli altri facciano la loro parte - ha ammonito il neopresidente -. Basta annunci, il tempo è scaduto. Bisogna ridurre il peso del Fisco e della burocrazia, contenere i costi dell'energia, ridurre i tempi di realizzazione delle infrastrutture. Zavorre legate ai piedi di chi vorrebbe correre, fare, costruire, crescere».
La determinazione del nuovo presidente è la stessa degli imprenditori presenti in sala. Associati orgogliosi - Aib è la più antica associazione industriale d'Italia, fondata nel 1897, che rappresenta 1.200 aziende, 58mila dipendenti e un fatturato complessivo di circa 30 miliardi - che, però, non nascondono le difficoltà nel fare impresa, giorno dopo giorno. «Possiamo darci da fare, ma fino ad un certo punto - spiega Ugo Gussalli Beretta, leader del gruppo armiero Beretta, alla guida dell'Aib alla fine degli anni Novanta -. I piccoli affondano, il credito li strozza. Condivido il richiamo di pochi giorni fa del presidente Squinzi: lo Stato deve darci le condizioni per potere fare impresa».
C'è chi invoca dazi e più protezionismo, come Gino Corioni, presidente della Saniplast e patron del Brescia Calcio. «Abbiamo bisogno di un sistema di regole che ci protegga» dice. E Guido Carpani Glisenti, delle Fonderie Glisenti, conferma: «Serve una politica industriale europea. Qui a Brescia abbiamo imprese eccellenti che però faticano a competere, oppresse da un dumping internazionale su costo del lavoro, ambiente, sicurezza».
Nonostante le iniezioni di entusiasmo nel nuovo presidente, la sensazione è che le aziende bresciane siano pancia a terra. Giuseppe Pasini, che guida il gruppo siderurgico Feralpi, spiega che le imprese ora hanno soprattutto bisogno di «un po' di crescita, un po' di ossigeno, anche dal punto di vista del credito». Per Roberto Saccone, che guida Olimpia Splendid (condizionatori e climatizzatori), la chiave di volta è «aiutare le imprese ad andare all'estero, visto che il mercato interno è paralizzato». Paolo Streparava, ad dell'omonimo gruppo automotive vede in giro «poca fiducia, bisogna convincere gli imprenditori a ritornare a investire nel loro paese». Ne è convinto anche Salvatore D'Erasmo, oggi presidente di Confindustria Bosnia Erzegovina, a lungo direttore Aib e profondo conoscitore del territorio bresciano. «Se l'industria arretra, si impoverisce il tessuto sociale. La storia di Brescia ci insegna che il manifatturiero va preservato come fattore strategico per il territorio».
La stessa convinzione di Giancarlo Dallera, presidente uscente di Aib. «Nonostante tutto - ha detto ieri salutando gli associati - siamo ancora qua a batterci, e la nostra operosità compensa i limiti della politica che non decide. La storia di Brescia conferma che il benessere prospera solo quando il manifatturiero cresce».
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DEGLI IMPIANTI
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BRESCIA
Contro il declino
Anche Brescia (nella foto, il neo presidente dell'Aib, Marco Bonometti), sta vivendo una delle crisi più pesanti della sua storia. Ma il nuovo presidente dell'Associazione industriale bresciana ha detto che si batterà con tutte le sue forze per arrestare il declino e restituire la fiducia

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