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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2013 alle ore 06:48.
BUSANO CANAVESE (TO)
La Siderforge è arrivata nel Canavese nel 2001. «Abbiamo acquisito gli immobili di proprietà dell'Iri – racconta Roberto Pietrobelli, uno dei tre soci fondatori dell'azienda vicentina, gli altri sono Gianpietro Canale e Gaetano Dal Corobbo – e gli impianti della Berco di Copparo. Siamo partiti con 10 addetti e ora siamo a quota 167». Una scelta da «cavaliere bianco», dettata da motivi industriali: «La nostra azienda, che ha sede in provincia di Vicenza, aveva bisogno di ampliare la sua capacità produttiva e lo stabilimento di Busano faceva al caso nostro». Con investimenti consistenti, «lo abbiamo completamente trasformato portandolo, nello stampaggio medio-pesante, a poter competere su tutti i mercati». L'azienda produce per i comparti oil&gas, meccanica pesante, produzione di energia e lavora con le più grandi multinazionali al mondo.
«Dopo anni di pressioni sempre più insistenti da parte di un importante cliente, abbiamo acquisito un'azienda di stampaggio in India dove sposteremo la produzione di alcuni particolari di Busano». Una scelta che non presuppone «un nostro disimpegno in Italia – aggiunge – ma speriamo sia un'occasione per ampliare il mercato». Questo è quello che sta avvenendo nel Nord Italia, aggiunge Pietrobelli con amarezza: «I nostri clienti spostano le loro produzioni in paesi a basso costo, e noi per non perderli siamo costretti a seguirli. È in atto una pesante "campagna acquisti" sulle aziende da parte dei paesi confinanti, Austria, Slovenia, Svizzera, e da quelli ex area sovietica come Polonia e Romania, senza che nessuno muova un dito per contrastare il fenomeno». Anzi, rincara la dose, «si ha purtroppo l'impressione che in molti casi le manifatture siano viste come qualcosa di fastidioso, che inquina, disturba, dove ci si infortuna». Oggi Metallurgica Siderforge ha 400 addetti e un fatturato sui 110 milioni: alle spalle un anno buono con cattivi segnali sul 2013. Orgoglio per i risultati ottenuti, dunque, ma anche qualche dubbio, «sui risultati che avremmo potuto ottenere se lo stesso impegno e impiego di risorse fosse stato utilizzato per investimenti in altre aree d'Europa o negli Usa».
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