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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2013 alle ore 16:42.

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Atteso da tempo, diventa efficace (almeno in parte) in Campania il piano per le aree di crisi industriale che potrebbe sbloccare 150 milioni di incentivi alle imprese. Fondi recuperati nell'ambito della riprogrammazione del Piano di Azione e Coesione, attuata dall'ex ministro Fabrizio Barca, e che la regione Campania ha destinato alle aree di Airola (30 milioni), Acerra (20 milioni), Castellammare di Stabia (40 milioni), Avellino (20 milioni), Caserta (40 milioni).

Il piano è stato oggetto di uno schema di protocollo di intesa con il ministero dello Sviluppo economico e di una delibera di giunta regionale. Atti che individuano aree, settori produttivi colpiti dalle crisi (tessile, chimico, meccanico, automotive, conciario, ict, cantieristica navale), talvolta sin dalla nascita delle aziende, in epoche e contesti diversi.

A monte del nuovo provvedimento c'è infatti una storia, solo in parte nota, di investimenti industriali sostenuti con incentivi statali che solo in minima parte hanno dato frutti, mentre più spesso, promossi per lo più da aziende non meridionali, si sono esauriti nell'arco del quinquennio lasciando sul territorio fabbriche dismesse, ambiente devastato e ampie sacche di disoccupati e cassintegrati. È da qui che si riparte a Castellammare di Stabia, ad Airola, a Caserta, Avellino e Acerra, con la speranza che vengano individuate, questa volta, le chiavi giuste per promuovere sviluppo ed evitare nuove razzìe.

In realtà si può anche parlare di una sola "macro area di crisi industriale" (poichè la distanza tra i siti non supera i 50 km), che comprende circa 60 comuni con una popolazione di 1 milione di abitanti. Area in cui al posto delle grandi fabbriche ora si vorrebbero privilegiare interventi di Pmi «attraverso l'allestimento di strumenti, anche innovativi – recita il Programma di rilancio della regione Campania voluto dall'assessore Fulvio Martusciello – che valorizzino i segnali di vitalità imprenditoriale e le potenzialità dei singoli territori e che consentano stabile e duratura occupazione». Un enunciato che poi scende più nel particolare quando lo stesso Programma elenca i settori "target": agroindustria, biotecnologie, automotive, aeronautica e aerospazio, beni culturali e turismo, ict, risparmio energetico, trasporti e logistica avanzata, filiera del tessile dell'abbigliamento e del calzaturiero.

Per chi vorrà avviare una nuova iniziativa imprenditoriale nella macro area di crisi campana, con un progetto innovativo, nell'ambito dei settori produttivi prescelti, saranno dunque disponibili incentivi finanziari. Per progetti di rilevanti dimensioni – per produzione o ricerca – sarà possibile fare ricorso allo strumento del contratto di sviluppo, mentre per progetti di medie dimensioni già esistenti o nuovi si potrà ricorrere al regime di aiuto del Dm del 23 luglio 2009 (considerato sostitutivo della legge 488). Per attivare tale regime di aiuto, però, è necessario – e si sperava si potesse sbloccare in questi giorni ma ciò non è avvenuto – un decreto del Mise. Infine, per nuove imprese innovative, meglio se promosse da giovani con competenze qualificate, sarà possibile utilizzare contributi in conto gestione o in conto impianti per un massimo di 200mila euro. La governance degli interventi è affidata a un Comitato esecutivo composto dei rappresentanti del ministero dello Sviluppo economico e della Regione Campania. Questi coinvolgeranno rispettivamente Invitalia e Campania Innovazione nell'attuazione e nel monitoraggio e controllo del Programma.

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