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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2013 alle ore 13:11.

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Centri per l'impiego, Italia in ritardoCentri per l'impiego, Italia in ritardo

Di servizi per l'impiego si è accennato ieri, 12 giugno, al tavolo al ministero del Lavoro tra il sottosegretario Carlo Dell'Aringa e gli assessori regionali al lavoro, e si è deciso di aprire un tavolo in relazione ai problemi finanziari e istituzionali che si porranno dal 1° gennaio 2014, a seguito della prevista abrogazione delle province a fine 2013. Già la riforma Fornero aveva previsto una delega (ormai scaduta) per un riordino delle politiche attive; e ora il nuovo governo sembra intenzionato a riaprire la questione.

Ma come funzionano in Italia i servizi per l'impiego? Quelli gestiti dalle province sono oltre 550, e vi lavorano circa 6.600 persone tra dipendenti ed esperti che svolgono nel Paese le funzioni di erogazione dei servizi per l'informazione, l'orientamento e l'inserimento al lavoro. Il 47% dei cittadini disoccupati ricevono un servizio dai centri per l'impiego, che sono diversi dalle agenzie private, e oltre all'intermediazione del lavoro si occupano pure di assistere i disoccupati per l'erogazione dei sussidi e svolgono tuttti gli adempimenti necessari per aziende e lavoratori al momento dell'assunzione.

Poche risore
Secondo l'ultima fotografia scattata dall'Upi, l'Unione province italiane, a monte di tutto c'è un problema di risorse. Che sono scarse. L'Italia è tra i Paesi europei con la più bassa spesa per i servizi pubblici per l'impiego. Rielaborando dati Eurostat risulta che la spesa italiana per servizi per il lavoro degli ultimi anni è in media intorno ai 600 milioni di euro ed è diminuita dal 2008 proprio in concomitanza con l'aumento della disoccupazione giovanile, anche in ragione della destinazione delle risorse del Fondo sociale europeo (Fse) agli ammortizzatori in deroga. La spesa media 2005- 2011 della Germania per servizi per il lavoro è intorno agli 8 miliardi di euro, quella della Francia è intorno ai 5 miliardi della Spagna supera il miliardo di euro.

Per le politiche del lavoro spesi circa 26 miliardi
Il personale addetto alla presa in carico del disoccupato in Italia è 1 ogni 200 disoccupati: Nel Regno Unito abbiamo 1 operatore ogni 43 disoccupati disponibili al lavoro, in Francia 1 ogni 59, in Germania 1 ogni 27. Importante il dato sulla spesa assoluta, che evidenzia la clamorosa controtendenza italiana: al 2010, in piena crisi ed emergenza giovani, l'Italia ha speso circa 26 miliardi di euro per politiche del lavoro, de quali 20 miliardi per politiche passive ( trattamenti di disoccupazione e prepensionamenti), 5 per politiche attive ( soprattutto incentivi e formazione) e solo 50 milioni per servizi. Nel periodo 2005-2011, con la crisi, diminuisce in proporzione e persino in valori assoluti la quota di risorse destinata a politiche attive e servizi. Dal 2008 al 2012 le Province hanno speso quasi 4 miliardi di euro per le politiche per l'impiego. Quasi 700 milioni nel solo 2012.

In Italia situazione a macchia di leopardo
Sempre secondo i dati Upi in Italia il quadro delle esperienze di centri per l'impiego è molto vario e i sistemi regionali poco omogenei e confrontabili. Le comparazioni effettuate per conto della Commissione Europea mostrano come le quattro regioni (insieme alle province autonome di Trento e Bolzano) che hanno performances del mercato del lavoro che rafforzano le potenzialità economiche e tutelano le condizioni occupazionale sono l'Emilia Romagna (al primo posto tra le regioni italiane, ma al 63°in Europa) e più staccate la Toscana, il Veneto ed il Piemonte. In queste quattro regioni le politiche del mercato del lavoro hanno un denominatore comune: si appoggiano a servizi provinciali con caratteristiche chiare e ben definite, con una determinata gamma di servizi.

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