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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 06:47.

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«L'arredo non chiede soldi ma sostegni»

La direzione "giusta" è quella segnata dal provvedimento sul bonus del 50% per l'acquisto di mobili, approvato dal Governo due settimane fa. Non finanziamenti in senso stretto, ma una misura di politica industriale che, essendo legata al tema delle ristrutturazioni, giova all'intero «sistema casa» e al rilancio dei consumi in Italia, come ha spiegato il presidente di FederlegnoArredo Roberto Snaidero (si veda intervista in basso) durante il Forum annuale dell'associazione, tenutosi ieri a Milano.

La necessità di politiche industriali di lungo respiro è del resto cruciale per un settore che, come ha ricordato il presidente di Kartell e di Cosmit Claudio Luti, alla politica «non chiede soldi, ma sostegno». Soprattutto per presentarsi sui mercati esteri che, a differenza di quello domestico, continuano a crescere anche quest'anno, trainate soprattutto da Stati Uniti, Russia ed economie emergenti. Nei primi due mesi del 2013 infatti, le esportazioni sono cresciute nel complesso del 2% rispetto allo stesso periodo del 2012, per un totale di 1,8 miliardi. Francia e Germania si confermano i principali acquirenti dei prodotti made in Italy, sebbene entrambi accusino la crisi, segnando un calo rispettivamente dell'1,8% e del 7,8%. Ottime invece le performance di Russia (+12,4%, con 112,6 milioni) e Stati Uniti (+26%, con 109,6 milioni), che a detta anche di molti imprenditori stanno dimostrando una grande dinamicità. Proprio questi due sono i mercati più interessanti per i prodotti del legno-arredo italiano anche secondo Massimo Della Ragione, partner e Co-Head Italy di Goldman Sachs. Nella sua analisi presentata ieri a Milano, Della Ragione ha ricordato che, secondo la banca d'affari americana, i Brics saranno nei prossimi anni i Paesi capaci di attrarre la quota maggiore di investimenti finanziari, ma ha anche messo in luce che l'Italia e il suo sistema industriale sono considerati solidi e affidabili, nonostante la crisi.

Un riconoscimento importante da cui partire, dicono da FederlegnoArredo, per affrontare i mercati stranieri e soprattutto quelli emergenti, dove il design made in Italy è apprezzato e guardato con ammirazione, ma dove gli imprenditori italiani scontano la mancanza di un sistema Paese competitivo. Quello che servirebbe, dicono gli imprenditori, sono politiche di sviluppo «di settore», che nel caso del legno-arredo, in questo momento, si traducono soprattutto in misure governative a sostegno dell'internazionalizzazione. Misure tanto più urgenti se si considera che, su 70mila imprese del settore, soltanto il 18% esporta «stabilmente», ovvero più del 30% del fatturato. Per esempio, tramite Simest si potrebbero aiutare le aziende ad aprire delle showroom in giro per il mondo, favorendo così la presenza del made in Italy sui mercati chiave, e l'avvio di relazioni stabili con studi di architettura e developer. Un'idea che favorirebbe soprattutto le piccole e medie imprese.

Il resto devono farlo le imprese stesse. Perché si fa presto a parlare di «eccellenza italiana», ma oggi questa eccellenza deve fare i conti con un mercato globale in cui «saper fare bene» non basta più, dice Giovanni Anzani, ad del gruppo Poliform: «Dobbiamo imparare a comunicare bene, a trasmettere e far capire la qualità dei nostri prodotti in quei Paesi dove possiamo crescere, soprattutto nell'Estremo Oriente». Il concetto stesso di eccellenza è cambiato dopo lo scoppio della crisi, fa notare Andrea Margaritelli, responsabile marketing di Listone Giordano: «Cinque anni fa poteva bastare l'eccellenza del prodotto, ma oggi servono anche eccellenza della comunicazione e soprattutto eccellenza dei risultati». Sapersi innovare e adeguare alle tecnologie è cruciale, ricorda Piero Gandini, presidente di Flos: «Si parla troppo dell'unicità del design italiano, ma il centro dei movimenti, dell'innovazione, si è spostato altrove. Ad esempio, quasi tutte le aziende dicono di fare innovazione, ma credo che siano poche quelle che hanno inserito in azienda un analista internet. Eppure, oggi noi vendiamo sempre di più online i nostri prodotti».

Infine, occorre investire di più sulla formazione dei giovani, come ha ricordato Anzani, per non disperdere il patrimonio di artigianalità e competenze che rendono unico il design italiano nel mondo e al tempo stesso per dare loro tutti gli strumenti e le conoscenze tecnologiche necessarie a competere sui mercati globali.
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