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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 17:53.

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Natuzzi, gli esuberi sono 1.900

Sindacati e operai in rivolta negli stabilimenti del gruppo Natuzzi. A Laterza, nel tarantino, 500 dipendenti presidiano da ieri, ad oltranza, lo stabilimento in cui vengono realizzati divani e complementi d'arredo. Ad accendere le polveri un piano aziendale di produzione che, di fatto, abbatte del 50% le presenze in fabbrica dei dipendenti. Di qui la reazione e la richiesta dei sindacati di incontrare, già nei prossimi giorni, il management Natuzzi e la regione Puglia, per esaminare il da farsi.

Lo sciopero ad oltranza, nei tre turni di lavoro, ed il blocco della produzione cominciati ieri a Laterza sono solo l'inizio delle proteste perchè, per il 28 giugno, è annunciata un'altra giornata di sciopero, ma di tutti i dipendenti del gruppo, con tanto di manifestazione conclusiva a Bari sotto la Prefettura e gli uffici del governatore, Nichi Vendola. I sindacati parlano ormai di resa dei conti con l'azienda che ha comunicato esuberi per 1.900 unità (il gruppo conta 3.200 dipendenti diretti e alimenta un indotto di altri 1.200) e minaccia di delocalizzare definitivamente all'estero. In realtà Natuzzi – che ripete che gli stabilimenti italiani sono e saranno concentrati sulla gamma medio-alta, quindi non delocalizzabili – non nasconde che gli esuberi sono ormai «strutturali» e che, dopo aver fatto tutto il possibile per salvare i lavoratori, il distretto del salotto e l'economia dell'area, è ora di «mettere in sicurezza l'azienda e gli azionisti». E che tocca alla politica intervenire, non è più un problema di impresa.

Da Milano – dove ha partecipato con Vendola ad un forum organizzato da FederLegno Arredi sulle opportunità di investimento createsi in Puglia – il patron di Santeramo è chiaro. Dopo i 1.600 esuberi dichiarati nel 2009, il gruppo non ha fatto altro che investire. Ad ottobre 2011 ha pure firmato, con il ministero dello Sviluppo Economico, un accordo per investire 50 milioni per riorganizzare l'azienda, innovare processi e prodotti, migliorare produttività e qualità, investire in marketing. «Ne abbiamo spesi sinora 41 – dice Natuzzi –. Abbiamo aperto nuovi negozi e siglato accordi con il sindacato». Ma non è bastato. «Le crisi si avvicendano, non finiscono mai, non vedo la luce. La crisi si allarga, soprattutto in Europa». Eppure negli ultimi 7 anni sono stati investiti in tutto 200 milioni, e il bilancio resta in rosso: 26 milioni persi nel 2012, 6 nel primo trimestre di quest'anno, in media due al mese ( il numero delle vendite nette però è aumentato del 3,4% rispetto al primo trimestre 2012). «Non abbiamo più soldi da perdere» conclude Natuzzi. In questo quadro gli esuberi rimangono, appunto, strutturali, e al sindacato non resta che lottare e chiedere soprattutto il rispetto dell'accordo di programma da 101 milioni, siglato dopo 7 anni dal Mise e dalle regioni Puglia e Basilicata, e da tutti definito l'ultima chance per il comparto.

Giulio Colecchia, segretario generale della Cisl Puglia, chiede che Natuzzi non «scarichi sul territorio gli esuberi, presenti il suo piano industriale, annunciato per giugno ma ancora ignoto, e non vada oltre o rischia di mettere in crisi proprio l'accordo di programma, compresa la scelta della regione Puglia di non andare a bando per assegnare le sue risorse».

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