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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 06:48.

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FIORANO MODENESE (MODENA)
I produttori turchi sono storici e acerrimi competitor del distretto della ceramica di Sassuolo (assieme a cinesi, sudamericani e spagnoli), ma finora il made in Italy ha sempre giocato in vantaggio sui mercati mondiali grazie alla vocazione per la qualità, il design, l'innovazione, coltivati nella storica valley modenese. Un'eccellenza che ha iniziato a vacillare quando anche i concorrenti low cost da San Paolo al Guangdong si sono messi ad acquistare macchine italiane per la ceramica – altro primato del nostro Paese esportato in tutto il mondo – e oggi rimessa in discussione dalla notizia che l'azienda turca Kütahya Seramik aprirà in autunno, dopo il Cersaie, uno show room di 1.800 metri quadrati proprio in casa del nemico imbattuto, a Fiorano Modenese ("periferia" est di Sassuolo), nella patria del top di gamma tra i leader delle piastrelle come Iris o Florim e i big delle tecnologie ceramiche come Lb o System.
«Per essere una compagnia internazionale occorre venire qui, nel cuore della produzione mondiale di piastrelle e questo è il motivo per cui abbiamo scelto di aprire a Fiorano un nuovo show-room: questa è la piattaforma verso il mondo», dichiara Erkan Gural, presidente del gruppo ceramico turco. Headquarter 300 chilometri a ovest di Ankara, 20 milioni di mq di piastrelle prodotti ogni anno in Turchia (già oggi un terzo è export) e investimenti in tecnologia al ritmo medio di 20 milioni di dollari l'anno per assicurare la scalata ai marchi leader nell'alto di gamma.
Non a caso Kütahya ha firmato con la System di Fiorano – tra i big italiani dell'automazione, quasi 300 milioni di fatturato, di cui l'80% export e il 6% investito ogni anno in R&S – una partnership che porterà i turchi a utilizzare, primi al mondo, la nuova tecnologia green modenese, grazie alla quale produrranno 8mila mq al giorno di piastrelle dimezzando consumi e costi. «Il cuore del nostro processo industriale – spiega il presidente di System, Franco Stefani – è una rivoluzionaria pressa, chiamata Gea, che restituisce prodotti già perfettamente planari, da non levigare, pronti per la lucidatura. Ciò permette di ridurre del 50% i consumi di energia e di materie prime. Una svolta epocale rispetto agli attuali standard produttivi». L'investimento su Fiorano del gruppo Kütahya – un miliardo di dollari di fatturato e 8mila addetti tra piastrelle e stoviglieria, segmento quest'ultimo in cui è leader mondiale – è dunque una cambiale sul futuro all'insegna della competitività ecosostenibile e hi-tech.
Nulla da temere per i produttori nostrani? «No – assicura il neopresidente di Confindustria Ceramica, Vittorio Borelli – anche questo ingresso turco, come gli altri investimenti diretti di gruppi esteri, è la conferma che al comprensorio sassolese viene riconosciuto il ruolo di vetrina mondiale della ceramica, di olimpo da scalare per ambire ai mercati internazionali. È un arricchimento per il distretto, anche perché immagino che lo show room sarà solo il primo passo di ulteriori investimenti di Erkan Gural nella piattaforma logistica di Sassuolo, hub europeo per le piastrelle. E resto convinto che il nostro prodotto, fatto qui, sia ancora impareggiabile per gusto, design, estetica, cura del dettaglio».
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IL DISTRETTO
Le dimensioni
Le 82 aziende del distretto ceramico tra Modena e Reggio accentrano l'80% della produzione nazionale di piastrelle, che l'anno scorso è calata di tre punti a 4,6 miliardi di euro. L'export pesa quasi l'80% sul totale ed è cresciuto l'ultimo anno del 2,6 per cento
Il nodo competitività
Il distretto di Sassuolo si è profondamente ristrutturato negli ultimi 20 anni per reggere la competizione globale ma sconta il gap di un sistema Italia che non incentiva il manifatturiero, a partire da costi energetici del 30% più alti rispetto ai paesi competitor

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