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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2013 alle ore 06:47.

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RUBIERA (REGGIO EMILIA)
Lauro Giacobazzi da ieri è a Manisa, nella Turchia occidentale, con sette manager della sua azienda di piastrelle reggiana, Rondine Group, «per capire come mettere piede in Anatolia, ora che i turchi di Seramiksan sono entrati al 50% nel capitale del mio gruppo». È questa l'altra prospettiva, quella ottimistica dell'imprenditore italiano che vede aprirsi potenzialità enormi nel bacino mediterraneo e mediorientale, rispetto al punto di vista di chi annusa nel distretto ceramico di Sassuolo il rischio di colonizzazione turca, dopo la seconda bandierina piantata in pochi giorni da aziende dell'Est europeo. È passata infatti solo una settimana dalla notizia che un altro big turco del settore, Kütahya Seramik, (si veda Il Sole-24 Ore del 14 giugno scorso, ndr) aprirà in autunno 2mila metri quadrati di show room a Fiorano Modenese, nel cuore della piastrella made in Italy.
«Dal mio punto di vista abbiamo appena firmato una partnership industriale che ci spalanca i mercati globali, in un momento di forte debolezza della domanda interna. Ci siamo piaciuti fin dal primo incontro, un anno fa, con la famiglia Demirdover che da quattro generazioni controlla Seramiksan e ora puntiamo a sviluppare insieme sinergie sulla ricerca e le tecnologie, integrando le nostre produzioni», afferma Giacobazzi, presidente e ad di Rondine Group, che manterrà le sue cariche e la più assoluta autonomia gestionale anche ora che il socio-imprenditore turco ha acquisito il pacchetto azionario dal 2006 in mano al fondo di private equity Progressio Sgr.
Seramiksan è uno dei top player turchi, spazia dalla ceramica all'industria di mattoni fino alla produzione di macchinari, con oltre mille dipendenti e una capacità produttiva di 28 milioni di mq di piastrelle e un milione di pezzi di ceramica sanitaria. Un gigante rispetto ai 6,7 milioni di mq di piastrelle prodotti da Rondine Group a Rubiera (frangia nord del cluster ceramico) e negli altri due siti del distretto, con 296 dipendenti, 63 milioni di fatturato 2012 (il 70% export). «Nei primi mesi di quest'anno siamo cresciuti del 23% – spiega Giacobazzi, che conta di mantenere un trend sopra il 15% da qui a dicembre – ma oggi la nostra capacità è satura e le risorse fresche del partner turco ci permettono di studiare anche possibili espansioni produttive».
Per ora non sarà il brand turco ad approdare nei negozi italiani, ma il "made in Rubiera" a sbarcare in Turchia, anche se Seramiksan potrebbe produrre per Rondine i rivestimenti che non sono nel portafoglio prodotti reggiano. «I produttori turchi di ceramica stanno vivendo il nostro boom degli anni Settanta – nota l'ad – con una domanda interna che assorbe quasi tutta la produzione, materie prime dietro lo stabilimento e non badano a spese quando si tratta di investire. Hanno fabbriche più belle e tecnologiche delle nostre, con macchinari tutti italiani». Se già oggi due realtà così lontane per genesi e geografia parlano lo stesso linguaggio di tecnologia, smalti, processi, fornitori, resta una sola ricetta per evitare che il made in Italy sia fagocitato dai competitor turchi, più agguerriti e ricchi: «Essere sempre pionieri di innovazione e design. Le novità sul mercato sono e dovranno essere sempre le nostre», conclude l'imprenditore reggiano.
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