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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2013 alle ore 06:45.

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Di volani da aprire ci sarebbe un gran bisogno, soprattutto per un indotto delle dimensioni indicate da Anie. E investire sulla sicurezza, dopo 22 anni da una legge che la imponeva senza se e senza ma a tutta Italia, sarebbe sacrosanto. Ma la richiesta di Anie, che è poi la richiesta di dare concreta attuazione a norme italiane ed europee già vigenti, si troverà davanti parecchi ostacoli.

Primo: occorrerà una legge che definisca con precisione gli step per la "messa a norma", che in teoria avrebbe già dovuto essere fatta su tutti gli edifici esistenti da decenni. Nella norma si dovrà quindi, verosimilmente, prevedere una sanatoria per chi (un terzo d'Italia) non ha ancora provveduto. Ma soprattutto si dovranno immaginare termini e categorie di edifici in modo che l'adempimento non diventi troppo gravoso o impossibile a causa della mancanza di imprese. La gradualità già imposta per la certificazione energetica degli edifici potrebbe fare scuola. Poi bisognerà trovare la copertura per le spese degli indispensabili controlli pubblici.

Secondo, occorrerà stabilizzare, almeno per la durata di questo periodo di interventi, l'agevolazione fiscale del 50 per cento e quella per il risparmio energetico del 65 per cento, anche se comunque si potrà sempre contare su quella del 36 per cento.

Terzo: se facciamo un passo indietro e ricordiamo con quali polemiche alcune associazioni della proprietà edilizia hanno accolto a suo tempo sia l'obbligo di documentazione della conformità degli impianti sia l'ipotesi più generale di un libretto delle casa con tutti i dati costruttivi e impiantistici, e persino l'adeguamento degli ascensori alle norme di sicurezza Ue, e vediamo che nel concreto tutto questo non ha mai trovato la via di una legge, è meglio prepararsi all'idea di una battaglia politica non facile.

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