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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2013 alle ore 16:52.

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L'ascesa delle «multilatinas»

Il Brasile trasformato. In poco più di vent'anni è passato dalla dittatura alle multilatinas, le multinazionali sudamericane capaci di proiettarsi all'estero e di effettuare acquisizioni in tutto il mondo.

La mano dura dei militari (1964-1985), ha provocato l'iperinflazione e il default sul debito estero (fine anni 80), sfociato poi nell'instabilità finanziaria (primi anni 90) e quindi nel timori di un nuovo crack. I semi lanciati da Fernando Henrique Cardoso, presidente dal 1995 a fine 2002, e poi da Inacio Lula da Silva (2003-2010) hanno evitato il peggio e poi rilanciato un Paese ormai affacciato sulla scena internazionale. Anche se nelle ultime settimane le proteste di piazza hanno sollevato problemi di redistribuzione dei redditi cui la politica interna dovrà porre rimedio.

Sono sempre di più le grandi imprese brasiliane capaci di competere all'estero e persino di fare "shopping", acquisire società internazionali e imporsi su scala globale. Alcuni esempi: Gruppo Jbs (alimentare), Odebrecht (costruzioni), Marfrig (alimentare), Vale do Rio Doce (minerario), Petrobras (energetico), Gerdau (siderurgico), Embraer (aeronautico).

Essere rispettati e considerati credibili dalla comunità internazionale è sempre stata una priorità della politica estera di Brasilia: in altre parole un Paese late comer capace di chiedere, con autorevolezza, la riforma dei meccanismi di governance globale che va al di là della riforma delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza.

Viste da vicino le multilatinas brasiliane sono davvero competitive: la società mineraria Vale do Rio Doce è la seconda potenza mondiale dopo Bhp Billiton. Petrobras è la l'ottava impresa del mondo per capitalizzazione di Borsa e Gerdau è il gruppo più forte dell'intero continente americano (compresi gli Stati Uniti) nel settore dell'acciaio. Gerdau è forse il caso più interessante: spesso oscurata da Petrobras e da Vale do Rio Doce, impiega 45mila persone, è presente in 14 Paesi con 30 stabilimenti, fattura più negli Usa che in Brasile. Gerdau è entrata in Spagna e in India. Con 140mila azionisti è quotata alle Borse di San Paolo, New York, Toronto e Madrid. È un'impresa capace di pianificare il rinnovamento di una buona parte dell'intero sistema infrastrutturale del Brasile e anche di competere per la ristrutturazione degli stadi per i Campionati del mondo di calcio del 2014 e per le Olimpiadi del 2016.

Poche settimane fa il gruppo brasiliano Jbs, leader mondiale della carne bovina, ha annunciato l'acquisto del settore pollame di Marfrig per 2,73 miliardi di dollari. La transazione include Seara, società del gruppo Marfrig specializzata in commercio di polli, e la conceria Zenda in Uruguay. L'operazione deve ancora ricevere il via libera delle autorità che si occupano della concorrenza (Cade). Jbs ha realizzato un avanzo netto di 600 milioni di dollari; presente in cinque continenti, esporta in 150 Paesi e impiega oltre 135mila persone.

Il principale fattore alla base del boom delle multilatinas è la capacità di approfittare di una domanda mondiale crescente di materie prime. Questa è la tesi di Javier Santiso, già capo economista dell'Ocse. Un altro esempio di vivacità è l'esperienza di Almaviva do Brasil, controllata dal Gruppo Almaviva, seconda azienda italiana in Brasile in termini occupazionali (la prima è la Fiat)con 16mila dipendenti. Il core business di Almaviva è la tecnologia del Crm 3.0, che consente di gestire e analizzare in tempo reale grandi volumi di dati.

Alvaro Cuervo, docente di Economia presso l'Università della South Carolina, sostiene che la «liberalizzazione economica ha avuto un ruolo importante nello sviluppo delle multilatinas. Ma soprattutto la disciplina fiscale, la riorganizzazione della spesa pubblica, la riforma fiscale e le privatizzazioni sono elementi di particolare rilevanza». Il caso del Brasile poggia inoltre su un altro cardine: la stabilità delle politiche macrofinanziarie.

Infine un'ultima interpretazione, diffusa soprattutto dagli economisti del Governo dell'ex presidente Lula, ridimensiona il vantaggio ottenuto dal Brasile con l'aumento delle materie prime (di cui il Paese è grande produttore). E propone uno slogan «Materia prima + materia grigia».

Il Brasile in altre parole si è infilato in una filiera di produzione dove altri competitor internazionali mostravano debolezza. Ha saputo, per esempio, migliorare la capacità produttiva e tecnologica nel settore energetico e petrolchimico, trasformando Petrobras in un colosso mondiale con notevoli professionalità interne sempre più autosufficienti. Sempre più pronto alle sfide dei prossimi anni: l'estrazione in acque profonde di enormi giacimenti.

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