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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 14:27.

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Nella vendita di Serravalle c'è un equivoco da chiarire. Vendere le quote (addirittura l'82%) e privatizzare la società non garantisce di per sé il finanziamento e la realizzazione delle grandi opere strategiche, la Pedemontana e la Tangenziale esterna di Milano. Il bando, così come è stato pensato, sarebbe servito a permettere agli enti locali di fare cassa. Intento lecito, ci mancherebbe.

Ma manca la visione del futuro. Un privato infatti, dopo aver acquistato per ben 660 milioni l'82%, avrebbe dovuto affrontare gli aumenti di capitale delle due opere. Si parla di oltre un miliardo di risorse complessive, che, soprattutto di questi tempi, non è facile reperire. Chi può permettersi di comprarsi le quote di Serravalle e poi finanziare anche le sue partecipate? Dai due bandi andati deserti parrebbe nessuno.

Lungimiranza avrebbe voluto invece che il settore pubblico puntasse a incanalare tutte le finanze disponibili sul mercato per la realizzazione di infrastrutture che il territorio aspetta da 20 anni. In che modo? Aprire un bando non (o non solo) per vendere le quote provinciali e comunali, ma per aumentare il capitale dentro Serravalle. Così un eventuale privato interessato avrebbe potuto mettere subito le sue risorse dentro la società, contemporaneamente diventando il primo azionista e utilizzando il suo investimento per le nuove opere. Ora è chiaro che Serravalle, per costruire Pedemontana e Tangenziale est, ha bisogno di un aumento di capitale da 5-600 milioni.

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