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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2013 alle ore 07:12.

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Dal nuovo Fondo Pmi prestiti per 150 miliardi: è la proposta a costo zero per lo Stato - Il documento

Migliorare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese e abbatterne il costo, ridurre lo svantaggio competitivo causato dal credit crunch. Sbloccare nei prossimi cinque anni fino a 150 miliardi di nuovi finanziamenti bancari a medio-termine all'industria privata senza gravare sui bilanci degli istituti di credito e superando i vincoli di capitale e liquidità imposti dal deleveraging. Tutto questo si può fare con «un intervento straordinario pubblico» che non infrange i divieti comunitari sugli aiuti di Stato: un Fondo di garanzia dedicato alle Pmi capitalizzato con 10 miliardi dei fondi strutturali europei non utilizzati.

Questa proposta di intervento verrà presentata nei prossimi giorni in Commissione Finanze alla Camera da Action Institute, un think-tank italiano indipendente e apolitico che annovera tra i membri del comitato scientifico Guido Tabellini, Alberto Alesina e il premio Nobel per l'economia Michael Spence. La creazione di questo speciale Fondo «consentirà di ridurre il costo del credito per le Pmi di almeno 80-100 punti base e di erogare fino a 100 miliardi di nuovo credito alle imprese senza pesare sul patrimonio delle banche», ha sostenuto Carlotta de Franceschi, co-fondatrice e presidente di Action Institute. Le imprese italiane stanno pagando circa 2 punti percentuali in più rispetto ai tassi concessi alle imprese tedesche. A conti fatti, come calcolato da Stefano Visalli, responsabile area credito dell'Action-tank, una piccola impresa sana che opera in Italia ha un rilevante svantaggio competitivo rispetto a un'azienda tedesca o francese: una Pmi con debiti verso le banche pari al 30% del fatturato sostiene maggiori oneri per il costo del denaro equivalenti a un aumento del costo del lavoro pari al 3 per cento.

La costituzione di questo nuovo "Fondo-Pmi" elaborata dal think-tank, con il contributo del vicepresidente Bei Dario Scannapieco, prevede la creazione di un veicolo finanziario pubblico (spv, fondo, sicav) capitalizzato con i fondi strutturali europei non usati fino a 10 miliardi: una leva di 10 volte porterà il bacino dei prestiti a 120-150 miliardi. Mutuando l'esperienza di successo del Fondo centrale di garanzia, questo fondo garantirà a monte i portafogli di crediti alle Pmi (solo aziende con adeguata affidabilità creditizia). Per ottenere la garanzia, la banca pagherà una commissione commisurata nella "perdita attesa in caso di crisi" (first loss): la copertura del fondo sarà quindi sulla perdita inattesa ("second loss"). Questa struttura consentirà alle banche di erogare nuovo credito con un assorbimento di capitale ridotto: in cambio, le banche dovranno applicare tassi calmierati per trasferire i benefici di costo e capitale alle imprese. La garanzia dovrà essere tale da facilitare il rifinanziamento dei portafogli crediti da parte della Bce tramite la cartolarizzazione dei crediti stessi oppure dell'utilizzo dei crediti (prestiti Pmi garantiti dal fondo) come collaterale - senza haircut penalizzante - per i rifinanziamenti presso l'Eurosistema.

Nessun ostacolo di natura legale o regolamentare, infine, mette a rischio questa iniziativa: le norme Ue già prevedono la facoltà degli Stati membri di destinare parte delle risorse europee a strumenti di ingegneria finanziaria e di usare queste somme per capitalizzare "holding fund".

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