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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2013 alle ore 06:51.

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ROMA - Guai per tutti, d'ora in poi, con la crisi delle centrali termoelettriche spiazzate dai consumi in discesa ma soprattutto dalle priorità artefatte di cui godono le energie rinnovabili. Perché molte, troppe, di quelle centrali rischiano la chiusura. Con seri problemi «per il bilanciamento del sistema e una crescita dei prezzi dell'energia causata dalla progressiva concentrazione dell'offerta». L'altolà viene da Massimo Orlandi, ad di Sorgenia e presidente di "Energia Concorrente" (imprenditori elettrici indipendenti).
Scenario davvero problematico quello dipinto da Orlandi e dal viceprensidente di Confindustria Aurelio Regina in un convegno. Perché «il boom delle fonti rinnovabili non programmabili richiede nuove risorse di flessibilità ma spiazza gli stessi impianti flessibili che possono fornirle», a cui «il mercato non riesce a riconoscere la copertura dei costi fissi». E così – incalza Orlandi – «alcune aziende hanno già annunciato la messa in conservazione di impianti a ciclo combinato». Con il pericolo di stallo del sistema «già dai prossimi mesi».

Che fare? Urgente – ammonisce Orlandi – trovare intanto un sistema di remunerazione minima della riserva garantita dal termoelettrico «in linea con il resto d'Europa». Occorre anche «accelerare l'integrazione dei mercati per favorire l'esportazione della flessibilità del parco impianti italiano verso l'Europa del nord». Nel frattempo bisogna «ridurre le componenti fisse di costo per i produttori elettrici» rendendo «la capacità gas prenotabile su orizzonti mensili» con «tariffe di trasporto collegate ai consumi».

Certo, il problema è comune agli altri mercati energetici europei, sottolinea Aurelio Regina. Ma da noi il fenomeno sconta in maniera particolarmente evidente una «pressoché totale assenza di coordinamento tra politica ambientale e politica energetica che ha finito per falsare il modello originale di mercato» con «una politica di incentivazione sbagliata» con «condizioni di sviluppo delle fonti rinnovabili fortemente speculative» che a fronte «di circa 12,5 miliardi di euro di incentivi annui non ha prodotto «un vero indotto industriale».

Per correre ai ripari Regina sollecita i provvedimenti (peraltro già annunciati) per chiamare le fonti rinnovabili a «partecipare al sistema di dispacciamento a condizioni paritetiche, ovvero chiedendo a queste produzioni di remunerare direttamente i servizi ancillari di bilanciamento e riserva». Nel frattempo il Governo prema – chiede Regina – per «una revisione complessiva della politica europea per la sostenibilità». E come non considerare, tra le priorità vitali al sistema, l'accelerazione dell'ammodernamento delle reti con la generazione distribuita e i sistemi di accumulo. Accelerazione che potrà avvenire solo con lo snellimento dei processi autorizzativi e la revisione del sistema di regolazione del settore.

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