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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2013 alle ore 06:52.

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ROMA
La liberalizzazione del gas li ha messi davanti alla necessità di irrobustirsi, aggregarsi e modernizzarsi per affrontare al meglio l'apertura del mercato. E Bruno Tani, presidente di Anigas, che con i suoi 13mila addetti e oltre 13milioni di clienti, pesa per il 65% sull'intero comparto, aprendo ieri la 67ma assemblea annuale dell'associazione, rivendica lo sforzo messo in campo dalle aziende e formula un appello chiarissimo al ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, seduto in prima fila. «Le nostre aziende non chiedono soldi. Abbiamo bisogno di regole ben fatte e di strategie definite per sapere che fare, ma su tutto abbiamo bisogno di sapere se investire e dove». Visti anche i 15 miliardi di euro di impegno chiesto alla distribuzione nei prossimi 10 anni.
Lo scenario, va detto, è cambiato, come ricorda Alberto Clò, docente dell'Università di Bologna ed ex ministro, perché «sull'Europa si è abbattuta la tempesta perfetta», la domanda è in calo, la rivoluzione dello shale gas incombe e la bussola è puntata sulla necessità di integrare pienamente i mercati del Vecchio Continente. Che sconta ancora la frammentazione di regole e di sistemi, nonché il divario evidente di competitività rispetto agli Usa e ai paesi emergenti.
Senza contare che l'Italia aggiunge di suo tutta una serie di nodi, a cominciare da un carico fiscale pari al 35% che zavorra il settore. «La Robin tax è una tassa punitiva - dice Tani - quasi che gli energetici abbiano un peccato da scontare e guardiamo con preoccupazione alla decisione di ampliare i destinatari». Ma il ministro Zanonato, che prende la parola subito dopo, non offre grandi sponde su questo versante dopo aver ricordato il passo avanti assicurato dalla Sen, la strategia energetica nazionale. «La Robin tax - dice - l'abbiamo trovata e abbiamo deciso di allargare la platea facendone una norma più equa». Nulla di più in attesa di una sentenza della Consulta sulla legittimità del prelievo a cui l'energia si aggrappa per tornare a rifiatare.
Certo il gas, parte delle sue sfide, le ha già vinte. Lo ricordano Zanonato e il presidente dell'Authority Guido Bortoni. I prezzi all'ingrosso si sono finalmente allineati a quelli europei anche se, rileva il ministro, «la situazione non è ancora strutturale e dobbiamo lavorare sulla messa a punto di un mercato liquido e competitivo anche nel medio e lungo termine, sulla sicurezza e diversificazione delle fonti, sull'uso sostenibile degli idrocarburi». Mentre Bortoni rammenta gli effetti benefici della riforma, plaude all'avvento del mercato del bilanciamento, reso operativo per ottobre, e di quello a termine del gas, non prima di aver ribadito che «il mercato spot non è il nostro mito così come non dobbiamo demonizzare i contratti di lungo termine, semmai cercare una convivenza tra i due sistemi». Anche perché i contratti take or pay continuano a rappresentare una voce fondamentale nell'approvvigionamento del paese. Ma richiedono, ora più di prima, un "tagliando", come ricorda Marco Alverà, senior executive vice president Eni. «Alcuni li stiamo chiudendo, altri potrebbero sfociare in arbitrato» e comunque «in Italia abbiamo tra take or pay e produzione domestica un eccesso di offerta».
Che occorrerà comunque saper gestire anche guardando al ruolo della penisola come hub europeo del gas. «L'integrazione della nostra rete con quella europea è passaggio imprescindibile», ricorda Carlo Malacarne, ad di Snam, per poi richiamare l'attenzione sull'esigenza di «scegliere le infrastrutture strategiche» sulla via dell'interconnessione e della piena reversibilità dei flussi di gas, tassello clou del corridoio nord-sud che Snam presidia insieme a Fluxys, con un occhio anche alla trasversale est-ovest.
Ora, però, il settore è chiamato a mettere a segno traguardi più vicini nel tempo. Superare l'ancora eccessiva frammentazione che Gianfilippo Mancini, direttore divisione generazione, energy management e mercato Italia di Enel, tratteggia facendo osservare «che in Francia Gdf gestisce il 95% del mercato e ha una concessione di 30 anni (in Italia dura 12 anni, ndr), mentre in Spagna Gas Natural detiene il 70% del settore e ha una concessione senza limiti». Per non dire delle nuove gare per la distribuzione locale e delle loro incongruenze, come rimarcano con forza Luca Camerano, ad Gdf Suez Energie e Gianclaudio Neri, numero uno di Enel Rete Gas. Anche qui servono, una volta per tutte, certezze e remunerazioni chiare. Su questo ultimo tassello si scatena pure un piccolo battibecco tra Massimo Mucchetti, presidente della X Commissione Industria del Senato, che parla di «presunta eccessiva remunerazione delle infrastrutture energetiche», e Tani che replica ricordando «il rischio notevolmente aumentato per il settore». La remunerazione della distribuzione, ricorda poi qualcuno in sala, «è in linea con quella dell'Europa e questo è un fatto importante perché abbiamo bisogno di attirare capitali». Mentre a favore delle famiglie Anigas lancia l'idea di un "bonus gas" per le categorie più deboli aprendo di più il mercato «per chi invece non ha il problema di arrivare a fine mese».
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