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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2013 alle ore 08:28.

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BRESCIA. Dal nostro inviato
Meno produzione di acciaio, meno rottame disponibile sul mercato. L'equazione vale per i produttori europei, per quelli italiani, ma soprattutto per Ilva. È il lamierino proveniente dalle lavorazioni dei siti di Genova e Novi Ligure a rifornire i forni elettrici posseduti dal gruppo Riva nel Nord Italia. Le maggiori difficoltà all'approvvigionamento, negli ultimi mesi, hanno messo in difficoltà tutto il gruppo e, a cascata, l'intero mercato italiano. Solo la collaborazione con i fornitori ha permesso all'azienda di proseguire l'attività (compromessa, anche al Nord, dal sequestro di 8,1 miliardi deciso dalla magistratura ai danni della controllante Riva Fire).
La conferma arriva dai principali operatori del settore del rottame, riuniti ieri a Brescia per un seminario sul futuro del comparto organizzato da Siderweb, il portale siderurgico italiano. «Ilva non è un semplice cliente, è un partner - ha spiegato Romano Pezzotti, presidente di Assofermet, l'associazione di riferimento dei commercianti in metalli -. In questi mesi non siamo scappati, ma abbiamo aiutato il più possibile, vista la situazione. Questo deve essere il rapporto fra commercianti e produttori: in futuro dovremo cercare un dialogo sempre più stretto, strutturale, per sopravvivere alla difficoltà di un mercato in overcapacity».
Si tratta, secondo gli operatori, di una scelta obbligata. I destini di questi due mondi viaggiano paralleli (tra il 2008 e il 2012, secondo Assofermet, sono «spariti» 2 milioni tonnellate di rottame dal mercato italiano). «Pur condividendo le stesse difficoltà, sono però i produttori a correre maggiori rischi, vista la struttura dei costi operativi che sopportano» ha spiegato Carlo Mapelli, docente del Politecnico di Milano e consulente di Ilva nell'attuazione dell'Aia. Per questo motivo, la lealtà di clienti e fornitori è fondamentale. «Tre giorni di fermo produttivo per Ilva - ha aggiunto Mapelli - compromettono i numeri, ma soprattutto minano la tenuta delle quote di mercato.
Secondo un'indagine di mercato interna, la diffidenza innescata dai fermi ha obbligato molti a rivolgersi a operatori stranieri, che però hanno richiesto vincoli pesanti, con contratti anche oltre i 3 anni, con un aggravio di costi per gli stessi clienti. Viene così a mancare l'effetto di calmieratore sui prezzi che ha avuto Ilva per anni».
Ma non è solo Ilva a vivere le difficoltà del rottame. «La siderurgia - ha spiegato Gianfranco Tosini, responsabile dell'Ufficio Studi di Siderweb - si sta spostando in Asia ed anche la meccanica è destinata a delocalizzare, quindi pure i flussi del rottame si sposteranno». Che fare allora? Mettere dei dazi all'export del rottame (l'Europa è esportatore netto per 15 milioni di tonnellate annue e rifornisce soprattutto la Turchia, uno dei principali competitor delle acciaierie italiane), secondo tutti gli intervenuti, sarebbe una misura non congrua. Per i commercianti della materia prima («il ciclo di discesa delle quotazioni è terminato» ha detto ieri Achille Fornasini, chief analyst di Siderweb) si apre ora una stagione di sfida all'insegna dell'internazionalizzazione e dell'adeguamento dimensionale.
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