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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2013 alle ore 06:52.

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PIOSSASCO (TO). Dal nostro inviato
L'ultima interconnessione risale al 1985 quando fu ultimata la Rondissone–Albertville, la quarta linea elettrica che collegava l'Italia e i cugini d'Oltralpe. Ma il nuovo corridoio "Piemonte-Savoia", i cui lavori sono stati inaugurati ieri da Terna e dal suo amministratore delegato Flavio Cattaneo, promette di raddoppiare la capacità di trasporto della rete tra i due paesi (dagli attuali 2.650 a oltre 4.400 megawatt, con un incremento del 60%) e di trasformare quella con la Francia nella più importante frontiera elettrica della penisola.
Non a caso, i numeri dell'opera, benedetta dal Governo e dalla commissione europea - che ha co-finanziato gli studi di fattibilità e inserito la nuova linea tra i progetti di interessi comune per il Vecchio Continente, insieme ad altre 10 infrastrutture targate Terna - sono imponenti: 190 chilometri totalmente interrati di linea a corrente continua che entreranno in servizio per il 2019 e che collegheranno Grand'Ile (Savoia) e Piossasco, in provincia di Torino. Ed è proprio da qui, dal cuore della Val di Susa e dalla nuova stazione elettrica, frutto del riammodernamento di quella esistente (60 milioni di euro l'investimento sostenuto da Terna), che parte la nuova sfida della spa dell'alta tensione. «Questa opera è la 23ma interconnessione verso l'estero e consentirà una riduzione importante dei costi (si stimano 150 milioni di risparmi l'anno per il sistema, ndr) e maggiore sicurezza ed efficienza nella trasmissione di energia con gli altri paesi», sottolinea il numero uno Cattaneo non prima di aver ricordato «che negli ultimi 8-9 anni Terna ha investito quasi 8 miliardi di euro con benefici per 5 miliardi nelle bollette degli italiani». «Mantenere un livello di investimento così alto - avverte l'ad - è importante e rimarchevole». E la spa dell'alta tensione intende conservare lo stesso ritmo anche negli anni a venire con un impegno di 7,9 miliardi di euro nel piano di sviluppo 2013-2022.
Intanto, però, gli occhi sono puntati sulla nuova linea, il primo progetto al mondo per lunghezza del tracciato completamente interrato e che costerà 1,4 miliardi di euro: 600 milioni per i francesi e 800 milioni per l'Italia, suddivisi a metà tra Terna e Transenergia, la società di scopo partecipata da Nemo e Sitaf, l'azienda che gestisce la Torino-Bardonecchia e il traforo del Frejus. «È un'eccellenza progettuale - rileva il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato - che ha saputo coniugare l'efficienza nel metodo e nei costi oltre che ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente». L'elettrodotto, ricorda infatti Gianni Armani, ad di Terna Rete Italia, si «snoderà in perfetta interazione con l'infrastruttura autostradale», sarà quindi "invisibile" come si legge nei cartelloni che campeggiano all'interno della stazione torinese. Dove ci sono anche le autorità locali (Comuni, Provincia e Regione) a brindare alla nuova opera e a chiedere un "regime speciale", una quota di energia da riservare alla competitività delle aziende del territorio.
L'elettrodotto, ribadisce poi il presidente dell'Authority per l'Energia, Guido Bortoni - che, da giovane ingegnere elettrico, agli inizi degli anni '90, contribuì alla creazione della tecnologia alla base della nuova linea -, «è un passo avanti verso l'integrazione dei mercati in cui si possono scambiare non solo base load energetici ma anche servizi di flessibilità», che ora l'Italia potrà esportare verso la Francia. Con i cugini d'oltralpe, d'altro canto, la cooperazione energetica è di lunga data, rammentano i vertici di Rte, l'omologo francese di Terna, e ha conosciuto una svolta nel 2007 con gli accordi di Nizza. I quali, oltre al nuovo corridoio elettrico, prevedevano anche il potenziamento della rete esistente per ulteriori 600 megawatt.
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