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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2013 alle ore 06:48.

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ROMA
L'argomento, secondo il Times, è finito anche sul tavolo del premier inglese, David Cameron, in vista dell'incontro che si è svolto ieri con il presidente del Consiglio Enrico Letta. E per azionisti e management coinvolti sta diventando un caso scuola dell'incapacità italiana di attrarre investimenti esteri. È la vicenda del progetto Ombrina Mare per la produzione di petrolio al largo della costa abruzzese.
L'investimento bloccato della Medoilgas Italia spa, parte della Mediterranean Oil & Gas Plc quotata al listino Aim della Borsa di Londra, è stato citato dal quotidiano inglese Times come esempio di un pesante «rischio politico» per le aziende che vogliono investire all'estero, fino addirittura ad equiparare il contesto italiano «a certe zone dell'Africa o a certi Paesi del Sudamerica».
Ambientalisti, diverse forze politiche locali e anche alcune associazioni di categoria, in particolare i commercianti, sostengono dal 2008 una dura lotta contro il progetto inglese portando a sostegno delle loro tesi anche studi scientifici sui rischi per l'ambiente e il territorio. «Studi che possono essere facilmente confutati da valutazioni di altri esperti – ribatte Sergio Morandi, a.d. di Medoilgas Italia spa – ma, al di là dei dati tecnici, troviamo inspiegabile l'incertezza del sistema Paese».
«Dopo quasi cinque anni di laborioso iter burocratico – racconta Morandi – abbiamo ricevuto una comunicazione del ministero dell'Ambiente che ribalta completamente quanto da loro stessi comunicato nove mesi fa». In sostanza, nell'ottobre 2012, la Direzione valutazioni ambientali disponeva l'assoggettamento del progetto all'Aia (autorizzazione integrata ambientale) solo dopo il quarto anno di esercizio. Si riteneva dunque sufficiente il parere positivo della Commissione di Valutazione impatto ambientale, anche allo scopo di evitare «aggravi procedimentali» alla luce del decreto semplificazione 5/2012. Lo scorso 9 luglio la retromarcia a sorpresa: il ministro – si legga nella nuova lettera – ritiene necessaria la procedura di Aia «attesa la rilevanza del progetto, la specificità del contesto ambientale e sociale interferito, stante la particolarità della collocazione dell'impianto nelle zone già sottoposte a divieto di attività». «Inspiegabile – chiosa Morandi –: sono tutti elementi che già sussistevano nove mesi fa. Che cos'è cambiato?». Morandi, che teme possa avere la usa influenza anche il clima preelettorale in vista delle regionali in Abruzzo previste a fine anno, rivendica l'importanza del fattore tempo: «Stiamo pensando di ricorrere al Tar. Ad ogni modo, saremmo pronti anche all'Aia, ma perché non dirlo nove mesi fa?».
Dopo la nuova comunicazione del ministero, nei tre giorni seguenti, il titolo ha perso in Borsa circa il 15%, aggiunge l'a.d., che nel frattempo confessa di fare non poca fatica a spiegare la realtà italiana agli investitori. «Gli azionisti hanno messo sul piatto 300 milioni di euro di investimenti, oltre ai 20 già sostenuti, con l'attivazione di 200 posti di lavoro, e sono sicuri di aver combinato profittabilità e sostenibilità ambientale. Hanno difficoltà a capire. E francamente io avrei difficoltà a spiegare».
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