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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2013 alle ore 11:31.

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L'Africa si prepara a una crescita sprint

Nel 2050 un uomo su 4 sarà africano. Il boom demografico trascinerà il continente, che, a quella data, vedrà nella top ten degli Stati più "giovani" del mondo 10 Stati africani con un'età media che va dai 17 ai 22 anni contro gli oltre 29 della popolazione mondiale. Il numero di africani, se si riveleranno valide le attuali proiezioni demografiche, dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi 40 anni, arrivando a 2,4 miliardi di persone dall'attuale 1,1 miliardi. Lo dice l'ultimo World population prospect delle Nazioni Unite, secondo cui, nel 2050, il terzo Stato più popoloso del mondo sarà la Nigeria, che avrà scavalcato gli Usa, mentre l'Etiopia avrà 188 milioni di abitanti. Congo, Tanzania ed Egitto avranno insieme oltre 400 milioni di abitanti.

Ma cosa comporterà tutto questo? Quali conseguenze ci saranno per l'economia del continente e quali opportunità per chi guarda all'Africa come un luogo dove investire nel medio termine? Oggi non si parla più di "continente perduto" come si diceva anni fa: il Pil, pur partendo da livelli assai bassi, continua a salire. Quello dell'Africa Sub sahariana, secondo il Fmi, è cresciuto nel 2012 del 5,1%, salirà quest'anno del 5,4 e l'anno prossimo del 5,7 per cento. Etiopia, Mozambico, Tanzania, Congo, Zambia, Nigeria e Ghana dovrebbero rientrare, nei prossimi 5 anni, tra le economia con la crescita più forte al mondo.

Il boom demografico e l'aumento del Pil dovrebbero comportare un ampliamento della classe media: l'argomento è stato al centro, qualche giorno fa, nel Congo Brazzaville, del Forum Forbes Afrique 2013. Vi ha partecipato anche il presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, che nella sua relazione ha tracciato un identikit della classe media (uno studio McKinsey la definisce come coloro che guadagnano almeno 20mila ero l'anno) e ha ricordato come, in base ai dati della Banca mondiale e dell'African development Bank, il numero degli africani appartenenti alla classe media sia di 350 milioni.

Non solo. Secondo un recente studio di McKinsey, sta sorgendo una classe di consumatori anagraficamente giovane e che guarderà in modo ottimista al futuro. Oggi, l'urbanizzazione riguarda il 40% della popolazione africana, più dell'India (30%), ma nel 2016 circa 500 milioni di africani abiteranno nelle città e il numero di metropoli con oltre un milione di abitanti passerà a 65 dalle 52 del 2011. Questo porterà a una graduale trasformazione dei consumi, perché i guadagni medi di chi vive in città sono l'80% più alti di chi abita delle zone rurali.

«Certo, man mano che si sviluppano forme nuove di consumo, come già accade in Sudafrica – dice Giulio Mulas, direttore dell'ufficio Ice di Johannesburg, competente anche per gran parte dei Paesi dell'Africa Sub sahariana - i consumatori guardano all'Italia, considerata un punto di riferimento nella moda, nell'alimentare e nel design. Ma vedo ancora la meccanica come la vera forze del nostro Paese. In particolare i macchinari per la trasformazione dei prodotti agricoli e per l'imballaggio, quelli per il tessile e per l'industria siderurgica sembrano avere le migliori chance nei prossimi anni. Nel 2014, per esempio, si terrà in Kenya la prima fiera del pakaging dell'Est Africa. Un altro settore importante è quello delle energie rinnovabili, essenziale per chi non ha idrocarburi».

«Ma il grosso problema del continente resta quello della disoccupazione, specie dei tanti giovani che non hanno una classe senior in grado di formarli davvero – afferma Mario Sabato, direttore generale di banca Ubae, impresa bancaria a capitale italo-arabo - la modernizzazione non è così semplice e andrebbe sostenuta dall'esterno. Sono necessarie riforme che amplino gli scambi commerciali. Circa i beni di consumo, certo fa da traino l'elettronica ma è difficile ora stabilire quali potranno essere nel prossimo futuro i settori di maggiore interesse».

«Le telecomunicazioni sono un settore molto promettente – conferma Giovanni Ottati, Ceo di Vuetel Italia, azienda che opera in Africa nel campo delle telecomunicazioni e past presidenti di Confindustria Assafrica e Mediterraneo –. Fino a 10 anni fa non c'era un cavo di fibra ottica e si andava col satelittare, ora la situazione è completamente cambiata. Ma sono necessari grandi sforzi prima di tutto nel settore delle infrastrutture, e il problema è che il sostegno pubblico spesso in Africa non è sufficiente né efficace».

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