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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 06:46.

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BOLOGNA
«Solo considerando i quasi 800mila capi abbattuti per l'influenza aviaria, si parla di un danno diretto di 100-120 milioni di euro nella filiera regionale, cui vanno sommate le perdite per la distruzione di uova». Aggiungendo gli effetti sull'indotto e sul segmento delle carni, potrebbero rapidamente raddoppiare le prime stime dei danni causati dal virus H7N7 calcolate da Gian Luca Bagnara, economista agroindustriale consulente della Commissione europea. «L'auspicio è che il danno economico sia già stato confinato e la certezza è che arriveranno gli indennizzi comunitari, perché la produzione in Emilia-Romagna è più che monitorata: parliamo di oltre 150mila controlli l'anno effettuati di routine dall'Istituto zooprofilattico in regione, lo stesso numero di controlli che fu attivato su scala europea per l'allarme aviaria del 2006», aggiunge Bagnara che è anche assessore alle Politiche agroalimentari della Provincia di Forlì-Cesena, territorio che concentra il 25% della produzione avicola italiana e il 35% della lavorazione e del fatturato industriale del Paese, secondo in Europa solo alla Francia per uova prodotte (13 milioni di tonnellate, 1,5 miliardi di business).
In effetti, mentre proseguono gli abbattimenti di galline ovaiole non ci sono notizie di nuovi focolai ed è arrivato ieri pure il plauso della Commissione Ue per l'efficiente gestione dell'emergenza e le misure adottate per bloccare il contagio. «La riunione a Bruxelles si è conclusa con un buon voto al nostro Paese – spiega l'assessore all'Agricoltura dell'Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni – per l'alto livello di allerta, l'identificazione del virus in fase iniziale e le efficaci misure di prevenzione adottate, con l'introduzione di tre zone di sicurezza intorno alle aree colpite». Oggi sarà ufficializzata «la nuova decisione comunitaria sui vincoli da adottare, che sostituisce la precedente del 19 agosto e resterà in vigore fino all'11 settembre, data del prossimo incontro del comitato», precisa Rabboni che, pur convinto della necessità di implementare da subito le azioni cautelative per limitare i movimenti di avicoli e uova teme la paralisi di un settore che dà lavoro, tra produzione e lavorazione di uova, a un migliaio di aziende e a 6mila persone solo nel distretto romagnolo.
«Nel 2006 il danno più grosso fu legato all'effetto mediatico, oggi mi sembra che il consumatore abbia ben chiaro che non c'è rischio per la salute umana e l'andamento positivo del mercato avicolo di Forlì (la più grande "borsa merci" italiana del settore, ndr) mi fa ben sperare», conclude Bagnara. È sull'«assoluta salubrità delle uova» che interviene nuovamente in serata anche il gruppo Eurovo, nei cui allevamenti di Ostellato (Ferrara) e Mordano (Bologna) sono stati identificati i primi due focolai di influenza aviaria, con 700mila capi da eliminare. Il leader italiano delle uova sta avviando ora anche l'abbattimento in via cautelativa di 225mila galline ovaiole certificate sane nell'azienda agricola Morgante a Occhiobello (Rovigo), su disposizione del Comune. «È presto per ufficializzare una stima dei danni, le attività di sanificazione sono ancora in corso e l'impatto economico dipende dai tempi di ripresa delle normali attività di produzione e commercializzazione», fa sapere l'azienda, precisando che è in corso il ritiro dal commercio delle sole uova prodotte nei due allevamenti toccati dal virus.
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I NUMERI
4 miliardi
Il fatturato industriale
L'industria avicunicola rappresenta circa il 3,5% dell'industria alimentare italiana (le carni bovine, per avere un confronto, valgono circa 5,8 miliardi di euro)
6.200
Allevamenti
Le aziende agricole a monte della filiera avicola allevano per il 43% polli e per il 33% galline ovaiole (12% tacchini e 11% altri avicoli); sono poco più di 500 le imprese di lavorazione delle carni contro le 1.250 che lavorano uova
13 milioni
Tonnellate di uova
L'Italia è il secondo produttore europeo di uova, dietro la Francia: 3.400 allevamenti, 49 milioni di galline ovaiole e vendite di uova per 1,5 miliardi di euro (il 45% del prodotto è utilizzato dall'industria alimentare). L'Emilia-Romagna accentra il 16% dei volumi

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