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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2013 alle ore 11:00.

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(Corbis)(Corbis)

L'Etiopia, secondo Paese africano per popolazione, sta accelerando i passi per entrare nel gruppo dei nuovi "player" dell'industria mondiale tessile e dell'abbigliamento. Acimit, l'Associazione italiana dei produttori di macchine tessili, ha recentemente svolto una missione nel Paese avviando una serie di iniziative. Principale interlocutore: il Textile Industry Development Institute, organismo cui il Governo di Addis Abeba ha conferito il compito di sostenere le imprese sul piano della formazione tecnica e manageriale e della certificazione di qualità che in autunno condurrà in Italia una delegazione di aziende locali, pubbliche e private, che operano nel settore.

I numeri sono ancora poco significativi ma le prospettive del Paese sono interessanti per diverse ragioni:
Le esportazioni etiopi di abbigliamento beneficiano degli accordi AGOA (African Growth Opportunity Act) con gli Stati Uniti (eliminazione di dazi e contingenti) che richiedono però l'uso di tessuti prodotti localmente. E questo rappresenta un forte incentivo per sviluppare e modernizzare la filiera tessile. Si aggiungono le analoghe agevolazioni dell'accordo Everything but arms con la Ue, dal sistema Gsp in vigore con altri Paesi (Canada, Svizzera, Norvegia ecc) e gli accordi di libero scambio del Common Market for Eastern and Southern Africa.
Disponibilità di manodopera a bassissimo costo (meno di 50 dollari al mese), ma anche di una solida tradizione locale che risale nei secoli. Ancora oggi si calcola che le attività di filatura e tessitura artigianali con vasto utilizzo di telai a pedale e tinture naturali, occupino oltre 480mila persone.
Produzione cotoniera ancora limitata (circa 50mila ettari) ma di elevata qualità e un forte potenziale di espansione (nell'ordine di 1,7 milioni di ettari secondo il Governo di Addis Abeba).

Disponibilità di energia elettrica a basso costo (3,5 centesimi di dollaro per kWh) grazie alle rilevanti risorse idroelettriche del Paese che è esportatore netto di energia.
Inoltre il Governo di Addis Abeba ha deciso di accelerare la creazione di nuove aree industriali attrezzate (Industrial Development Zones) destinate ad accogliere soprattutto investitori stranieri grazie anche a una serie di importanti agevolazioni: affitto terreni a basso costo, esonero pluriennale dalla tassazione sui redditi per le aziende esportatrici, libero trasferimento dei profitti.
Questo insieme di fattori ha già convinto alcune aziende turche (Ayka Tekstil, Saygin Dima Textile, Else Group) ad insediarsi in Etiopia con un modello di business integrato. Producono filati e tessuti in cotone, acrilici, maglieria, capi di abbigliamento. Else Group controlla anche un'importante piantagione di cotone. Previsto inoltre nei prossimi mesi l'arrivo di diversi produttori coreani per i quali il Textile Institute ha messo a disposizione un'area dedicata di 150 ettari nel parco di Bole Lemi.

In questo contesto, gli obiettivi fissati dal piano programmatico (Growth and Transformation Plan) del Governo di Addis Abeba sono decisamente ambiziosi e puntano a incrementare la produzione a 2,5 miliardi, e le esportazioni a un miliardo. Attualmente la filiera più sviluppata è quella della maglieria con un fatturato valutato in 200 milioni di dollari anno. Tra i retailer internazionali hanno iniziato a rifornirsi in Etiopia gruppi come Tesco, H&M, Primark.
La strategia prevede anche di allungare la catena del valore sia con un aumento della produzione cotoniera, sia rafforzando le attività di filatura, tessitura, finissaggio, superando la concentrazione di aziende nel comparto dell'abbigliamento. Per estendere all'insieme del Paese l'approccio avviato dalle imprese turche.

Un ulteriore obiettivo è sviluppare la produzione destinata al mercato interno, tuttora servito in prevalenza, per abbigliamento di uso quotidiano, da importazioni low cost dalla Cina e altri Paesi asiatici. Non è un fattore trascurabile. L'Etiopia, con oltre 91 milioni di persone, un aumento demografico superiore al 2,7% annuo, un'economia che negli ultimi 10 anni ha registrato una crescita media annua del Pil pari al 10,7% (8,4% nel 2012) ha tuttora un consumo di abbigliamento molto basso: non supera 1 kg pro capite mentre la media africana è pari a 3,2 kg.

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