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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2013 alle ore 17:06.

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Ci sono più modi per affrontare la crisi che da cinque anni stringe all'angolo le imprese di questo Paese. Chiedere aiuto e aiuti, fasciarsi la testa e aspettare che la congiuntura diventi favorevole e riporti un refolo di domanda dove è svanita. Oppure cercare soluzioni innovative, inventare nuovi strumenti e cercare modalità d'intervento mai sperimentate.

A Forlì, un territorio particolarmente colpito dal calo degli ordini, con un distretto, quelo dell'imbottito, che si è praticamente dimezzato, hanno scelto quest'ultima strada. Ma soprattutto stanno cercando di farlo insieme: categorie produttive, professionisti, istituzioni, mondo finanziario. Una rete che vada in soccorso delle imprese colpite dalla crisi che non riescono a dare garanzie sufficienti per ottenere crediti.

Uno strumento simile ai consorzi fidi, ma più informale, di più facile partecipazione e attivazione. A inizio settembre le categorie e le istituzioni coinvolte sideranno attorno a un tavolo per trovare la quadra. Le difficoltà sono enormi, è evidente. Gli enti locali, complice la spending review, non hanno risorse finanziarie disponibili; la banche, con la spada di Damocle di Basilea sulla testa, non possono concedere crediti se non rispettando rigorosamenti i parametri indicati dalla Banca d'Italia.

Il sistema delle garanzie, però, dà margini di manovra. Sulla base di un meccanismo fiduciario può innescare una leva di credito ben superiore alle cifre effettivamente impegnate.

Fiducia è la parola chiave. La meritano gli imprenditori del Forlivese. È necessaria al Paese rimettere in circolo energie e risorse necessarie per irrobustire quel refolo di ripresa che si sente arrivare e che potrebbe materializzarsi tra la fine dell'anno e l'inizio del nuovo.

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