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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2013 alle ore 06:56.

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BOLOGNA
Si leggono solo pesanti segni meno davanti ai trend dell'industria bolognese, eppure ieri – nell'insolita ambientazione del Centro agroalimentare della città (Caab), dove è si è svolta l'assemblea generale di Unindustria – si respirava la certezza che il fondo è ormai stato toccato e «che i segnali di ripresa si avvertono chiaramente, anche se ci terrorizza il fatto che possano essere annullati dall'instabilità del Governo», si affretta a rassicurare il presidente degli industriali, Alberto Vacchi, di fronte all'analisi del suo centro studi che scrive, nero su bianco, di «un arretramento dell'economia bolognese nella prima metà del 2013, con una riduzione della produzione di oltre il 30% rispetto al picco precedente».
Una recrudescenza – con un -7,5% su base annua della produzione nel primo semestre 2013, un -2% del fatturato, un -0,9% dell'occupazione e un +20% di ore di Cig – da cui non si salva alcun settore e alcuna dimensione di impresa, ma che porta con sè la consapevolezza che il punto più basso è stato raggiunto e dunque che si preannuncia una chiusura d'anno in recupero. «Anche perché i nostri imprenditori, non ultimi quelli terremotati – sottolinea più volte il presidente – hanno dimostrato di non aver mai perso la voglia di fare. Ma investire dove la presenza dello Stato significa iper-regolamentazione e mancanza del rispetto del diritto da parte dello stesso, diventa un atto di fede, non una scelta razionale. E può essere forte la tentazione di andarsene, magari solo pochi chilometri oltre il confine».
Eppure questa scelta "irrazionale" continua a privilegiare il territorio di Bologna, dove sono diverse le «nuove forze imprenditoriali che sono giunte negli ultimi dodici mesi – afferma Vacchi – e che stanno arrivando, nonostante tutto» (nonostante la politica distratta dai conflitti interni, un credito incapace di selezionare i meritevoli, una Pa che non sa neppure quanti debiti abbia con le imprese, una burocrazia che costa 31 miliardi di euro l'anno alle Pmi e un fisco che preleva il 44,4% dei guadagni). Nonostante tutto questo, «singoli imprenditori e grandi gruppi hanno investito qui oltre 500 milioni di euro, con impegni futuri ancora più importanti, salvaguardando l'occupazione di oltre 7mila persone». E il pensiero corre subito al recente salvataggio di La Perla da parte del fondo Sms Finance dell'ex patron di Fastweb Scaglia, all'ingresso di Ducati motor nella galassia Audi-Volkswagen e alle due grosse operazioni in divenire.
Da un lato il raddoppio della fabbrica da parte di Philip Morris (la multinazionale è già presente a Zola, nella prima periferia bolognese, con Intertaba, azienda di 400 dipendenti che progetta filtri per sigarette), un accordo di investimento che sembra ormai alle battute finali ma su cui anche Unindustria mantiene il massimo riserbo scaramantico. Dall'altro il progetto di Fabbrica Italiana Contadina, più noto sotto le Due torri con l'acronimo Fico, la Disneyworld del cibo – che è stato al centro della tavola rotonda di ieri dedicata all'"Innovazione nel food" – e di cui è protagonista lo stesso centro agroalimentare, che dovrebbe ospitare una cittadella del cibo con 130 ristoranti e 10 milioni di visitatori attesi ogni anno. Un investimento da 50 milioni di euro promosso da Oscar Farinetti, il padre di Eataly, in cerca ora di finanziatori con l'obiettivo di aprire in tempo per l'Expo 2015, ma a cui servono anche infrastrutture di collegamento con stazione e aeroporto. «Sarebbe bello e simbolico che il rilancio di Bologna partisse da questo progetto e da questa zona della città, il luogo in cui negli anni 80 si bloccarono i lavori per la terza corsia dell'autostrada e partì una stagione di paralisi delle infrastrutture da cui Bologna non è uscita», così Gaetano Maccaferri, ex numero uno degli industriali bolognesi e oggi vicepresidente di Confindustria, ha concluso i lavori al Caab, nell'ambito di Farete, la due giorni delle imprese targata Unindustria e Legacoop, una vetrina di 500 stand e 1.900 appuntamenti di confronto tra imprese.
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AL VERTICE
Investimenti. Nonostante i gap del sistema Italia, diversi imprenditori stanno puntando sul made in Bologna, dalla meccanica (Ducati in Audi) alla moda (La Perla a Sms) e si preannuncia il raddoppio di Philip Morris e il lancio di una Disneyworld del cibo al Caab

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