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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2013 alle ore 07:16.

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Biogem, da eccellenza nella ricerca genetica a certificatore dello sviluppo dei farmaci

Era il 1994: finiva l'intervento straordinario nel Mezzogiorno e, con una parte dei fondi residui del ministero che lo aveva gestito, il dicastero della Ricerca tenne a battesimo i cluster al Sud. Pochi ne sono ancora in vita, tra questi Biogem, il centro di Ariano Irpino che Renato Dulbecco e Gaetano Salvatore insieme a Ortensio Zecchino, allora presidente della commissione cultura, avevano progettato come polo di eccellenza per la ricerca genetica. Aspettativa non tradita: oggi Biogem vanta un medagliere di titoli, brevetti e scoperte scientifiche di grande rilevanza, intreccia relazioni con industria farmaceutica, università e altri centri di ricerca, anche all'estero e – dato non trascurabile – autofinanzia i due terzi delle sue attività. Si prepara a investire.

Tra le scoperte che danno più lustro al polo di Ariano Irpino c'è l'identificazione di un nuovo gene corresponsabile del tumore al polmone, lo sviluppo di un algoritmo per l'individuazione di geni alterati nel cancro, la dimostrazione, per la prima volta nel mondo, delle basi genetiche di patologie della tiroide, la generazione di modelli murini utili per la lotta alle malattie del rene e all'ipertensione. Ma c'è altro, gli studi alla base di quattro brevetti di cui tre sulle leucemie e uno sulla psoriasi sono ormai in fase preclinica e si spera che presto possano consentire lo sviluppo di farmaci e terapie.

Tra Avellino e Benevento, in area destinata a piccoli insediamenti industriali ma di fatto rimasta agricola, tra masserie del 600 e del 700, venne realizzato il Biogem, appoggiato a una piccola struttura di ricerca esistente. Zecchino, che tuttora lo presiede, ne diventò grande sostenitore sopratutto quando, a due giorni dalla presentazione del piano, lo scienziato napoletano Gaetano Salvatore morì fulminato da un infarto.

Si andò avanti. Venne costruito un grande stabulario, la vasca per allevare e studiare i topi, proprio come lo avevano ideato Dulbecco e Salvatore, che ancora oggi rappresenta uno dei fiori all'occhiello del polo: con 24 ricambi di aria l'ora e al costo di mille euro al giorno. Tanto che ancora un paio di anni fa, il nobel Mario Capecchi, in visita in Campania, lo ha definito «il migliore d'Europa».

Viene costituita una società consortile a cui sin dall'inizio partecipano Cnr, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Università Federico II, Bicocca, Università del Sannio, fondazione Neuromed di Pozzilli, fondazione Sdn di Napoli, Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, Camera di Commercio di Avellino e altri enti locali. Successivamente aderiscono le università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Lumsa di Roma, l'ateneo di Foggia, l'Area Science Park di Trieste.

Con gli anni si differenziamo tre rami di attività: ricerca biomedica su patologie umane attraverso modelli animali; formazione (avvia anche un Corso di Laurea Magistrale in Scienza delle Tecnologie genetiche che è unico in Italia); service per aziende e centri di ricerca.

Ora Biogem si prepara a una svolta, come la definisce il presidente Zecchino. Il polo sta sviluppando una nuova struttura "Glp", che permetterà di certificare lo sviluppo dei farmaci. Si passa, in altre parole, dalle fasi preliminari di sviluppo di una molecola del farmaco alla sua certificazione, necessaria per arrivare sul mercato. Attività che richiede investimenti iniziali per almeno 2,5 milioni, ma con la potenzialità di raddoppiare il fatturato del centro di ricerca da 4 a 8 milioni entro i prossimi 5 anni. Ci si attende un'accelerazione dei rapporti con le case farmaceutiche che già collaborano con Biogem – come Novartis, Mirmex, Dompè, Attuit. E si spera di attirarne altre.

Una necessità: Biogem, infatti, riceve contributi statali pari solo al 30% del proprio giro d'affari, pari a un milione l'anno, e per la rimanente parte vive di mercato. «Siamo un ente di ricerca privato senza scopo di lucro – spiega Ortensio Zecchino – una classificazione giuridica che gode di pochi contributi statali sganciati da progetti». La struttura si finanzia partecipando a progetti europei – Pon Prometeo, progetto Mirmex – o con commesse private del mondo farmaceutico, dalla formazione. E ora guarda anche all'estero: sono partite quest'anno collaborazioni con enti di ricerca in Quatar e in Thailandia.

«Insomma, si può dire che ci sosteniamo da soli e non abbiamo gravi difficoltà – conclude Zecchino – Ma ci sono handicap le cui soluzioni non sono alla nostra portata e che ci penalizzano molto. Qualche esempio? Nella campagna irpina che ci ospita la fibra ottica non esiste e non è arrivato nemmeno il metano. Siamo un'eccellenza riconosciuta nel mondo, ma siamo pur sempre al Sud e per giunta in un'area interna».

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