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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2013 alle ore 11:00.

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L'ombra dei ritardi sui Giochi di Rio 2016

Lungo la spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, ci sono varie colonnine meteo che, oltre a indicare la temperatura prevista durante la giornata, suggeriscono il livello di gradazione della crema solare per "bianchi", "neri" e "mulatti". Sì, perché i raggi solari impattano diversamente sui vari tipi di pelle. Le Olimpiadi di Rio de Janeiro, in programma nel 2016, presentano delle analogie con le colonnine meteo.

A seconda di chi le guarda, le indicazioni sono ben diverse. I tecnici che lavorano a Rio sono motivati e superentusiasti, «andrà tutto bene, sarà un'Olimpiade indimenticabile». Per i politici di Brasilia la tranquillità è più ostentata che reale. I timori che si ripetano manifestazioni e disordini analoghi a quelli della scorsa estate provocano qualche mal di pancia al ministero dell'Interno.

Ritardi gravi e tecniche di costruzione arretrate
Dal Comitato olimpico arrivano invece veri e propri segnali di allarme. Il vicepresidente John Coates, in una nota diramata alle agenzie di stampa internazionali, denuncia «gravi ritardi». E senza molto riguardo nei confronti degli organizzatori dà un giudizio piuttosto tranchant: «Siamo tutti molto preoccupati, i brasiliani hanno disperatamente bisogno di uno sforzo concertato per realizzare sia gli impianti sia le infrastrutture».
I numeri spiegano bene la ragione dei contrasti: gli investimenti legati alle Olimpiadi 2016 sfiorano gli 11 miliardi di dollari.
I "tecnici". È questa la parola che ricorre di più quando si parla di Olimpiadi di Rio de Janeiro. E non da oggi. Già nel 2010 la stampa brasiliana rilanciava la necessità di reperire manodopera qualificata nei vari settori: ingegneria, gestione di progetti, costruzioni civili. Per il direttore generale del Comitato Rio, Leonardo Gryner, c'è sempre stata difficoltà a reperire tecnici brasiliani. Solo l'arrivo massiccio di personale dall'estero avrebbe potuto rasserenare gli organizzatori, ma così non è stato.

L'accusa che viene mossa ai brasiliani è circostanziata: il Paese sudamericano non ha potuto o saputo formare un numero adeguato di tecnici. Per questo la domanda si è rivolta all'estero, migliaia di ingegneri sbarcati a Rio dagli Stati Uniti e dall'Europa, cui è stato corrisposto uno stipendio molto elevato, da manager. Anche per questo i prezzi degli immobili di Rio de Janeiro sono schizzati su valori mai toccati in precedenza. I 7-8mila dollari al metro quadrato per un appartamento sono quotazioni superiori a quelle di Milano, Parigi, Madrid e Amsterdam - spiega Marcelo Serra, agente immobiliare di Rio. Città europee con una tasso di criminalità ben più basso.
Negli ultimi mesi è tutto più febbrile, nei cantieri si lavora senza tregua ed è più difficile intercettare un capocantiere che un ministro a Planalto. Ma dei 20mila nuovi posti di lavoro creati nel settore delle costruzioni, più di un terzo sono rimasti vacanti. Il direttore del Senai (Centro de aprendizaje industrial), Roberto da Cunha, un paio di anni fa aveva annunciato l'apertura di scuole di formazione professionale che avrebbero dovuto sfornare 6mila tecnici ogni anno.

Purtroppo non tutto è filato liscio come avrebbe dovuto e Paulo Porto Neto, docente al prestigioso istituto di ricerca Fundacion Getulio Vargas, ammette che ingegneri e tecnici sono contesi, tra le società di costruzione, tanto quanto un ottimo chef a Copacabana o Leblon.
Infine vi è un altro nodo da sciogliere, oltre al ritardo: quello delle tecniche di costruzione che in Brasile, secondo José Conde Caldas, presidente di Ademe (Associazione dei direttori d'impresa di costruzione), la tecnologia di costruzione adottata in Brasile è rudimentale, non è stata aggiornata e richiede tempi ben più lunghi di quelli utilizzati in Europa e negli Stati Uniti.
Ritardi sì, ritardi no, lo potremo verificare solo in vista del grande appuntamento, agosto 2016. Quel che è certo, confermato sia dai funzionari di Itamaraty, sia da quelli della Farnesina, è che sia in corso un vero e proprio scontro di potere tra l'alta burocrazia dello sport mondiale, il Comitato olimpico e i politici brasiliani.
Un aneddoto illustra lo scambio di (s)cortesie. Qualche mese fa, a Brasilia, in una riunione al vertice, è stato proposto l'ingresso gratuito negli stadi a chi consegnasse un'arma illegale. «Non ci sono biglietti sufficienti - ha risposto il segretario generale della Fifa, Jerome Valcke - per tutte le pistole che circolano in Brasile». Fulminea la risposta del Brasile: «Valcke è stato dichiarato persona non gradita nel Paese».

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