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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 10:22.

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L'industria degli insetti da tavola si fa largo in Occidente (Italia compresa)

MODENA - A.A.A. Allevatori e commercianti di insetti per uso alimentare cercansi. È questo il nuovo promettente filone dell'industria agroalimentare su cui anche gli italiani dovranno cimentarsi per non perdere il treno dello sviluppo globale: da un lato le risorse limitate di un pianeta sempre più popolato impongono produzioni e consumi ecosostenibili - e gli insetti hanno contenuti proteici anche doppi rispetto alla fettina di vitello e, a parità di peso, richiedono utilizzi fino a cento volte inferiori di suolo e acqua; dall'altro lato va amplificandosi l'effetto "contaminazionale culturale" legato alla crescente mobilità dei due miliardi e mezzo di persone che già oggi consumano abitualmente coleotteri, bruchi, cavallette, api, formiche, locuste o grilli e che sui mercati occidentali sono costrette a rivolgersi a canali sotterranei con i rischi conseguenti di sicurezza alimentare.

Quello dell'entomofagia è un panorama che suona ancora esotico ai più, ma è al centro del convegno di cui si discute stamattina a Modena nell'ambito di Sicura, la due giorni dedicata alla sicurezza alimentare organizzata da ModenaFiere con la Regione Emilia-Romagna e le Ausl di Modena e Bologna. Un incontro, dal titolo "Gli altri alimenti e gli alimenti degli altri" che porta l'attenzione su un tema da alcuni anni sotto la lente della Fao, che ci sta investendo decine di ricercatori, centinaia di pagine di studi e ha in programma per il 2014, non a caso, un convegno internazionale per allargare il dibattito e scuotere l'opinione pubblica. E sotto lo slogan "Nutrire il pianeta. Energia per la vita" chissà che anche l'Expo 2015 milanese possa diventare vetrina per accendere i riflettori sul ruolo degli insetti commestibili nelle tavole dei cinque continenti.

«Il disgusto che l'italiano e l'occidentale medio prova di fronte a un piatto di grilli fritti o di spaghetti alle termiti è solo un fattore culturale – sottolinea Mauro Ferri, medico veterinario dell'Ausl di Modena – e di fatto anche noi consumiamo insetti, dal casu marzu, il formaggio sardo ai vermi, all'alchermes della zuppa inglese, che è colorato con estratti di Dactylopius coccus. L'entomofagia è oggi una risposta seria e nutriente alle esigenze alimentare dei Paesi più poveri (non a caso i maggiori consumatori sono in Asia, Africa, Australia, Centro-Sudamerica) e, in prospettiva, la produzione di insetti per consumo umano sarà un'alternativa ecologica e conveniente agli allevamenti intensivi. Posso anche raccontare che negli assaggi sperimentali di piatti a base di invertebrati proposti qui a Modena, i vassoi sono stati ripuliti in fretta».

In effetti, iniziano a spuntare anche nel Vecchio continente i primi ristoranti stellati con menu rigorosamente a base di invertebrati volanti e striscianti. Non solo nella provocatoria Londra, ma anche a Nizza o nella compassata Svizzera, dove poche settimane fa la tv di Stato ha dedicato un servizio al primo locale per entomo-gourmet dove degustare qualcosa delle 1.900 specie di insetti ritenute commestibili sul pianeta e che già gli antichi romani e greci consideravano vere leccornie.

Numeri ufficiali su quanto valga oggi il business di chi produce e vende insetti per uso alimentare non esistono. In Thailandia la Fao stima 20mila "insect farmer", in Francia i pionieri degli entomo-allevamenti sono entusiasti e in Olanda il governo ha investito milioni di euro l'ultimo anno nella ricerca e nella legislazione dell'industria degli insetti. In Italia siamo sicuramente in ritardo rispetto ai cugini d'Oltralpe. In provincia di Bologna c'è per altro un'azienda, Microvita, che da 20 anni sta sul mercato allevando con metodi bio insetti per la zootecnia e la pesca. È comunque lunghissima la lista di siti Internet dove si possono ordinare animaletti destinati il più delle volte ufficialmente a nutrire animali da affezione (ragni, rettili, uccelli, mammiferi), ma nulla vieta siano acquistati per consumi umani, visto che normativa e controlli sul settore sono ancora indefiniti a livello comunitario.

Quel che è certo che se il pianeta veleggia verso i 10 miliardi di abitanti non sarà nell'hamburger o nel tonno la risposta ai fabbisogni proteici della popolazione mondiale, a meno che non si voglia far collassare l'ecosistema. Neppure gli insetti presenti in natura basteranno però a sfamarci tutti, ecco perché l'allevamento di insetti da tavola - a basso costo e minimo impatto ambientale - si prospetta come un investimento lungimirante e di sicuro ritorno. Tanto che la Fao già ha messo nero su bianco la necessità di creare su scala internazionale un'associazione industriale di settore, standard qualitativi minimi e una roadmap delle tecnologie per le entomoproteine. La speranza è che anche in questa nicchia dell'agroalimentare il made in Italy sappia replicare la rinomata supremazia in termini di qualità e innovazione.

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