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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2013 alle ore 06:49.

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MILANO
Il gusto italiano piace sempre di più sulle tavole internazionali. Tanto che diversi produttori di pasta, prosciutto, vino, formaggi hanno deciso di tastare il polso al consumatore a casa loro, aprendo ristoranti, wine bar, formaggerie, salumerie. Alla fine un'attività estranea a quella del produttore ma che aiuta il business e lo supporta grazie a un veicolo straordinario di conoscenza dei prodotti. E così via a valanga: a novembre Barilla aprirà a New York, in Madison avenue, il primo ristorante Academia; Rosi ha aperto avviato la seconda salumeria a Manhattan; Vladimir Dukcevich (titolare del prosciutto San Daniele King's) ha tagliato il nastro alla prima osteria a New York e insieme alla famiglia Zonin ha inaugurato, da una settimana, il secondo ristorante-wine bar a Tokio; Giovanni Rana ha alzato la saracinesca a New York al Chelsea market (140 coperti, laboratorio e Take away); Eataly è al rush finale per i negozi di Detroit, Istanbul e Dubai; l'imprenditore veneto Brazzale, dopo le 12 Formaggerie in Repubblica ceca, il prossimo 8 ottobre inaugura il primo punto vendita in Cina, a Shanghai.
«Vogliamo conoscere meglio il consumatore – esordisce Claudio Colzani, ad di Barilla group – stargli vicino e proporgli le idee della cucina italiana. Certo, il nostro core business rimarrà la produzione di pasta, biscotti, sughi, ma se questo business, ora sperimentale, cresce e soddisfa perchè no? Abbiamo un business plan: il secondo ristorante lo apriremo nel 2014, poi si vedrà. Il ristorante Rana? Fa bene anche a noi: allarga il mercato». L'obiettivo di Barilla è anche quello di rafforzare i sughi negli Usa. «Siamo il numero 10 nei sughi pronti – aggiunge il top manager – ma leader nella pasta con il 30% di quota di mercato e una crescita del 10%». Colzani è il manager che punta a raddoppiare i ricavi a 6 miliardi in otto anni. Oggi la società dichiara una crescita del 5% a volume sui mercati internazionali e un assestamento dell'1% in Italia. «Nel nostro Paese – conclude Colzani – per far girare le fabbriche bisogna sovrainvestire e pigiare sulle promozioni. Alla fine il business tiene ma soffrono i margini». Quindi l'asse dello sviluppo di Barilla è sulla crescita dei mercati internazionali e sulla voglia di Italian food.
La scorsa settimana a Tokio si sono accese le insegne del secondo ristorante-wine bar Gustavo, a due passi dal Lida Bashi Station, snodo di 4 metropolitane. «È un posto molto trafficato – sottolinea Francesco Zonin, responsabile marketing della cantina vicentina – con 62 coperti, il doppio dell'altro ristorante. Sono disponibili tutti i nostri vini». Funzionano? «Abbiamo impiegato 5 anni ad aprire il secondo ma il modello di business sta in piedi: aiuta che a Tokio ci sia una cultura vinicola diffusa». Altre aperture? «Se ci saranno – conclude Zonin – le faremo in franchising».
Qualche mese fa a New York, in Madison avenue, ha aperto i battenti l'Osteria del principe. «In menu – dice Dukcevich – un piatto di prosciutto, due piatti caldi, un calice di vino a 20 dollari. Un prezzo giusto ma soprattutto il calore dell'accoglienza italiana e l'attenzione al dettaglio: dalla focaccina allo stuuzzichino. Finora è stato un successo». Le sinergie con il core business? «Di solito facciamo visita ai clienti – risponde l'imprenditore triestino – ma se riusciamo a portarli in Osteria in un'ora spieghiamo il prodotto e come va abbinato ai piatti. Insomma cambia tutto radicalmente».
La macchina da guerra di Eataly non si ferma mai. «A New York fatturiamo 80 milioni di dollari – sostiene il guru Oscar Farinetti – e presto apriremo anche a Detroit grazie alla società americana di cui deteniamo il 52%». Entro l'anno prenderanno il largo anche i ristoranti, in franchising internazionale, a Istanbul e Dubai. «Il nostro compito – conclude Farinetti – è fornire il marchio e addestrare il personale. I negozi sono chiavi in mano».
Imminente anche l'avventura cinese di Brazzale. «Il negozio – dichiara Roberto Brazzale – apre a Shanghai, non lontano dall'ambasciata francese. In vetrina formaggi, ma anche altri prodotti della dieta mediterranea: pasta, sughi, vino, salumi». Il modello da clonare è quello della catena La Formaggeria in Repubblica ceca: 14 negozi la prossima primavera e un fatturato di 5 milioni.
@scarci
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I NUMERI
133 miliardi
Fatturato Italia
L'industria alimentare italiana quest'anno dovrebbe fatturare, secondo Federalimentare,
133 miliardi di euro, con una crescita del 2,3%.
27 miliardi
Valore dell'export
Nel 2013 le nostre esportazioni dovrebbero attestarsi vicino ai 27 miliardi, con una crescita dell'8,1%. L'import invece ammonta a a sette miliardi.
400mila
Addetti
L'industria alimentare contava nel 2012 su 6.250 imprese con più di 9 addetti e su 400mila dipendenti, in calo di3mila unità

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