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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2013 alle ore 06:49.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Consiglio e Parlamento hanno trovato nella notte tra martedì e mercoledì un accordo finale sulla politica agricola comune (Pac) nel periodo 2014-2020. L'obiettivo del pacchetto, che vale circa il 40% del bilancio comunitario, è di rendere l'agricoltura europea più sostenibile e più ecologica. Il compromesso, dopo lunghe e difficili trattative, apre la porta al voto definitivo in Parlamento (a partire dal 30 settembre) e all'entrata in vigore dell'intera riforma fin dall'inizio del 2014.
I parlamentari - ha detto il presidente della commissione agricoltura del Parlamento, l'italiano Paolo De Castro (Pd) - hanno ottenuto concessioni per una "ridistribuzione più equa" dei sussidi agricoli. «L'obiettivo dell'equità è stato raggiunto», ha affermato, anche se ha precisato: «Avremmo sperato di strappare qualcosa in più». Il nodo più complicato era quello della degressività degli aiuti alle fattorie più grandi. Germania e Gran Bretagna si sono opposte a eventuali tetti in questo campo. Ma alla fine è stato deciso di tagliare del 5% gli aiuti oltre 150mila euro. Riduzione che non vale per gli stati membri che redistribuiranno il 5% del proprio budget ai primi ettari di tutte le aziende.
Le grandi linee dell'accordo raggiunto in giugno sono state confermate. Per meglio distribuire il denaro, è stato deciso che nessun paese riceverà meno del 75% della media europea degli aiuti da qui al 2019. In uno stesso paese membro o in una stessa regione, i divari di aiuto da una azienda all'altra saranno ridotti. L'aiuto per ettaro non potrà essere inferiore al 60% della media dei sussidi da qui al 2019. Oltre 100 miliardi di euro saranno investiti nei 28 paesi dell'Unione per assicurare la qualità delle terre. Il pacchetto, che ha messo a dura prova gli interessi nazionali dei 28, prevede anche la possibilità di trasferire fondi da un'area all'altra della politica agricola comune. Il singolo stato membro potrà trasferire allo sviluppo rurale un massimo del 15% dei fondi a lui riservato per i pagamenti diretti. Lo stesso potrà avvenire nell'altro senso. La quota massima in questo caso sale al 25% per quei paesi che ricevono meno del 90% della media nazionale in pagamenti diretti.
La nuova Pac prevede che il 30% dei pagamenti diretti dipendano dalla messa in pratica di tre abitudini: la diversificazione delle culture, il mantenimento di superfici verdi permanenti, e la preservazione di zone ecologiche. Il 30% almeno dei fondi per lo sviluppo rurale dovrà essere utilizzato per misure agro-alimentari o per il sostegno all'agricoltura biologica. Da ora in poi tutti gli aiuti saranno resi pubblici, salvo quelli di ammontare più piccolo.
Il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, promuove l'accordo. «Oltre ai sensibili miglioramenti che sono stati ottenuti nell'intesa di giugno sulla convergenza, sul sostegno ai giovani nonché alla promozione e allo sviluppo di filiere corte, sull'inverdimento a tutela dei vigneti, frutteti ed uliveti italiani, un ulteriore risultato positivo è stato raggiunto anche sulla decisione di applicare per la prima volta su base obbligatoria un tetto agli aiuti per combattere le rendite fondiarie. L'accordo premierà chi vive e lavora di agricoltura».
Agrinsieme (il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane) avrebbe voluto «più coraggio» dalle istituzioni europee per rilanciare l'agricoltura. «Gli ultimi accordi – sostiene – confermano la riduzione del budget complessivo. Per l'Italia il taglio dei pagamenti diretti si attesta (a prezzi costanti 2011) intorno al 18% per il meccanismo della cosiddetta convergenza esterna». Per Agrinsieme ora è necessario procedere a una rapida approvazione dei regolamenti «in modo da avere un maggiore quadro di certezze e soprattutto l'avvio di un approfondito confronto in Italia per definire i numerosi aspetti da dirimere a livello di stato membro».
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