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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2013 alle ore 06:49.

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ROMA
Riva e Ilva nella bufera. Non è ancora certo che nella seduta di domani il Consiglio dei ministri approvi il decreto legge per sbloccare la situazione delle aziende del Nord ferme da oltre una settimana a seguito del sequestro ordinato dal gip di Taranto e nel contempo mettere ulteriormente in sicurezza l'Ilva estendendo il commissariamento alle controllate. Il premier Enrico Letta ha promesso di interessarsene direttamente oggi anche per evitare che sul decreto si apra un nuovo fronte di conflitto col Pdl, il quale da giorni ha sbarrato la strada a nuovi commissariamenti nell'acciaio.
Ieri c'è stato un incontro tra il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che non ha però rasserenato il clima. E così ora il quadro rischia di volgere al peggio con Riva Acciaio che, letta la risposta fornita dal custode giudiziario Mario Tagarelli, parla di «paralisi totale dell'azienda» e con l'Ilva che, qualora domani non ci fosse il decreto, teme di subire i contraccolpi del sequestro. A ciò si aggiunga che oggi la Commissione europea potrebbe aprire la procedura di infrazione verso l'Italia per quelle che reputa violazioni ambientali dell'Ilva. Una complicazione in più quindi.
Nella lettera che Tagarelli ha inviato a Riva Acciaio e che riprende i contenuti del provvedimento del gip Patrizia Todisco, c'è fra l'altro uno stop sostanziale alla richiesta, fatta dall'azienda, di poter accedere ai conti correnti sequestrati e sui quali vi è una disponibilità, accertata dalla Procura, di circa 56 milioni di euro. Risorse che Riva Acciaio reputa indispensabili per pagare fornitori e dipendenti. Tagarelli dice che tocca a lui, in quanto amministratore giudiziario, gestire tali somme e «provvedere, previe adeguate verifiche, ai “pagamenti strettamente connessi al ciclo aziendale” che si impongono nel breve termine». «Permanendo il sequestro», scrive ancora Tagarelli, «sulle liquidità utilizzate dall'amministratore giudiziario per i pagamenti necessari per la prosecuzione delle attività aziendali, ne dovrà essere assicurata la restituzione all'Amministrazione Giudiziaria a mezzo di idonee garanzie (ad esempio, polizza fideiussoria bancaria o assicurativa o altro strument equipollente) o attraverso altre modalità e forme di rientro progressivo che verranno proposte dal medesimo amministratore». Ma Riva Acciaio, dice la società, «non può avere fideiussioni bancarie poiché le banche hanno sospeso ogni operatività con l'azienda in conseguenza del sequestro». Acquisita intanto la risposta del gip, il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, che preme perché domani ci sia l'ok al decreto, sta verificando «se esistono effettivamente e concretamente le condizioni per un'immediata ripresa delle attività». Zanonato, ieri intervenuto al «Question Time» della Camera, ha avuto anche uno scontro verbale in Transatlantino con due deputati (Guido Galperti del Pd ed Enrico Costa del Pdl) che gli hanno chiesto a che punto fosse il decreto accusando il Governo di confusione. «Ma io non ho la bacchetta magica» replica Zanonato mentre la Fim Cisl invita Letta a portare il decreto domani in Cdm per evitare che si blocchi anche l'Ilva considerato che ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato i magazzini delle società controllate, tra cui quelli di Ilva servizi marittimi che assicura il trasporto delle materie prime a Taranto.
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