Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2013 alle ore 11:00.

My24

Ha cominciato con l'arredo: Natuzzi, ceramiche Florim e Poliform, per cui ha aperto le prime show room a Ho Chi Minh City e Hanoi, sono già in portafoglio. Ora sta passando al fashion: entro novembre è prevista l'apertura delle show room di La Perla e Tombolini. «Ma non ho alcuna intenzione di fermarmi qui: sto cercando altri marchi», avverte Vo Mau Quoc Trien, chairman di Ritavo Company, che, sostenuto dalla Camera di Commercio italiana in Vietnam, ha deciso di puntare sulla distribuzione in Vietnam del made in Italy, anche in vista dell'apertura di un nuovo centro commerciale di 30 mila metri quadrati nel 2015 a Ho chi Minh City.

Trien rientra a pieno titolo nella categoria dei self made men. Gli inizi avvengono in un garage di riparazione, poi la licenza per la commercializzazione di veicoli industriali Hyundai, infine lo sbarco nel retail e immobilare che, come spesso avviene in Asia, si sostengono a vicenda. Con margini di tutto rispetto: su un fatturato di 130 milioni di dollari Trien sostiene di registrare un utile nell'ordine dei 30/35 milioni.
La scelta di Trien di scommettere sul made in Italy è sostenuta anche da un'indagine su un campione di consumatori di classe media, effettuata su commissione dell'Ambasciata d'Italia ad Hanoi da un team di lavoro misto, con la partecipazione della succursale vietnamita della RMIT University australiana. I risultati sono straordinari: in generale i marchi italiani si posizionano immediatamente dopo quelli statunitensi per gradimento (85,5%) superando anche la Francia. Abissale la distanza con il made in China (7,7%). In particolare sia in termini di prestigio che di qualità, l'Italia supera tutti con il 90 e il 93% di gradimento.

L'ammirazione è peraltro generica: il 67% degli intervistati ammette di conoscere in realtà pochissimo dell'Italia e molto vaga è anche la conoscenza dei marchi dei prodotti. Un'arma, questa, a doppio taglio perché, se da un lato apre lo spazio anche a nomi meno conosciuti, dall'altro spalanca le porte anche al cosiddetto italian sounding: prodotti asiatici ma con nome italiano. La conclusione? «L'importante per il consumatore», spiega Trien, «è avere la garanzia che il prodotto è veramente di un'azienda italiana. Al limite può esser anche prodotto in Vietnam, ma sotto il controllo e la supervisione del marchio originale». E aggiunge: «Ho l'impressione però che molte aziende italiane non abbiano capito che questo è il momento per entrare sul mercato. Adesso c'è ancora spazio per posizionarsi e farsi conoscere. Domani rischia di essere troppo tardi perché qui stanno arrivando competitor da tutto il mondo». (M.D.N.)

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi