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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2013 alle ore 17:48.

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Chopi Chopi, l'80 metri del cantiere CrnChopi Chopi, l'80 metri del cantiere Crn

Sarà l'ammiraglia del Salone che si apre domani a Genova. Ottanta metri di acciaio e alluminio, un eliporto, terrazze e una "spiaggia" da cento metri quadri nel lower deck. Chopi Chopi, l'ultima creazione del cantiere anconetano Crn del gruppo Ferretti, arriva a Genova dopo la presentazione ufficiale al salone dei megayacht di Montecarlo.

L'ammiraglia del Salone
Una barca (ma si può ancora chiamare così un'imbarcazione da 1.800 tonnellate e 30 persone di equipaggio?) che vale quasi 90 milioni di euro e vuole essere «un segnale, un simbolo che l'Italia c'è ed è ancora leader della nautica mondiale». Lo dice con orgoglio Lamberto Tacoli, ad e presidente del cantiere, figura storica del gruppo Ferretti che insieme ai colleghi-rivali di Azimut Yachts ha portato l'industria cantieristica italiana ai vertici mondiali negli anni d'oro della crescita a doppia cifra. Ora la situazione è drasticamente mutata. La crisi ha colpito duramente, soprattutto la fascia media, barche dai dieci ai venti metri che faticano a trovare acquirenti. «Gli ultimi quattro anni sono stati drammatici - spiega Tacoli - anche per una serie di politiche penalizzanti per il settore e scriteriate. Errori che hanno allontanato i clienti stranieri e creato un serio danno all'industria nautica nazionale». Tacoli si riferisce alle norme che avevano colpito la nautica con l'inasprimento della tassa di stazionamento e di possesso. Ora il Governo ha fatto marcia indietro ma il danno è compiuto. «Non sarà mai più come prima - prevede il manager Crn - anche perché il contesto generale è mutato. Sono finiti gli anni dell'accesso facile al credito, oggi avere un leasing non è più così semplice, vengono chieste garanzie assurde e i tassi sono elevati».

Ottanta metri di made in Italy
Eppure, questo Salone potrebbe rappresentare un giro di boa. «Portare il Chopi Chopi è un segnale di fiducia - dice Tacoli - anche per la sua storia. Avviato nel 2008, è passato per tre diversi azionisti del gruppo e due ristrutturazioni del debito. Però oggi è in acqua, gli armatori - parenti dell'ex primo ministro libanese - ci hanno navigato tutta l'estate nel Mediterraneo. È un simbolo, significa che l'Italia c'è: questa barca è un contenitore di made in Italy, nella progettazione, nello stile, nel design». Tacoli non lo sottolinea a caso. Ferretti dal gennaio 2012 ha una proprietà cinese: il 75% del gruppo fa capo a Weichai, ma «rimaniamo un'azienda italiana al cento per cento, tutta la produzione è rimasta qui». Anche se il management cinese ha un'attenzione particolare all'area Asia-Pacific, il mercato di riferimento è ancora occidentale. «Ci vorranno ancora una decina di anni per uno sviluppo pieno del mercato cinese: la Cina non è solo Shanghai e Hong Kong, manca una cultura marinara, una passione vera per il mare, una regolamentazione efficiente e infrastrutture capillari». Ai ricchi cinesi non mancano certo i mezzi ma la conoscenza. Un tycoon dello Shandong spesso non sa nemmeno cosa sono Portofino o Saint Tropez. In più sua moglie non vuole abbronzarsi, lo considera poco elegante. Quindi, anche se acquista un grande yacht lo utilizza soprattutto per rappresentanza, organizza splendidi banchetti a bordo, ma non stacca la barca dalla banchina del porto.

Un Salone rinnovato
Quattro giorni in meno, spazi ridotti rispetto alle edizioni precedenti. Il Salone nautico rispecchia la nuova geografia della nautica. È stato ripensato (anche con un investimento ingente, più di 600mila euro) per «essere più coerente con le necessità di oggi, al servizio delle aziende». Ambisce a tornare ad essere il punto di riferimento della nautica europea, in un mondo in cui fioriscono a tutte le latitudini nuove manifestazioni ed eventi. «Era comunque troppo grande - spiega Tacoli - rischiava di sembrare una fiera campionaria».

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