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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2013 alle ore 16:05.

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ROMA - La nuova corsa all'efficienza energetica? Se ben calibrata vale mezzo punto di Pil in più. A portata di mano, senza dare fondo alle dissestate casse dello Stato. Basta qualche incentivo mirato e una buona opera di manutenzione delle normative e degli strumenti già in vita, magari con qualche aggiunta. Premiando quelli che si dimostrano più efficaci. Rendendoli coerenti tra loro, e duraturi nel tempo. Cominciando con la stabilizzazione degli attuali "bonus" fiscali riservati ai lavori negli edifici, vera miniera energetica (perché l'efficienza rappresenta proprio questo) insieme ai trasporti, ancora oggi fonte di colossali sprechi.

Via allora con le reti intelligenti. Con le "smart cities" frutto di un'integrazione tra politiche di razionalizzazione dell'esistente, all'insegna della novità epocale che ci cambierà in meglio la vita: il matrimonio, la fusione a tutti gli effetti, dell'energia con le telecomunicazioni e le tecnologie dell'informazione. Non sogni, ma ricette operative. Contenute in un documento-proposta presentato da Confindustria nel convegno "Smart Energy Project".

Ecco gli edifici da rendere anch'essi intelligenti, la mobilità elettrica da integrare in rete nei network urbani. Ecco la riorganizzazione delle attività industriali all'insegna dei cluster tecnologici e funzionali. Lo studio simula azioni e risultati, ne stima le sinergie. Tutto visibile nei dettagli sul sito di Confindustria.

Vale come suggerimento al Governo che c'è, o a quello che verrà. Con un richiamo dovrebbe quanto meno smuovere l'interesse: investi uno e raccogli quattro, in termini di volano economico complessivo. Sembra uno slogan facile, ma proprio i bonus energetici stanno dimostrando la bontà della proiezione.

Perché una vera corsa all'efficienza – è stato più volte sottolineato ieri nel convegno dal vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina insieme al commissario-presidente dell'Enea Giovanni Lelli, dall'ad del Rse (il nucleo pubblico di ricerca sull'elettricità del futuro) Stefano Besseghini e dal direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini - è un volano ad ampio spettro: attenua i costi energetici e quindi rende più competitive le imprese, e crea contemporaneamente una filiera di impresa sviluppando un nuovo settore dove le virtù italiane non mancano.

«Nel solo periodo 2014-2020 - rimarca Regina – l'adozione delle proposte di policy suggerite dal nostro studio potrebbe sostenere la crescita della produzione industriale italiana di oltre 65 miliardi di euro in media all'anno rispetto allo scenario base, con un incremento degli occupati per circa 500mila unità. Particolarmente significativo risulta il contributo al tasso di crescita medio annuo dell'economia che potrebbe raggiungere un valore del 0,5%». Attenuando tra l'altro la bolletta energetica nazionale per «oltre 5,7 miliardi di euro annui», il 10% del totale. Assicurando «potenziali benefici in termini del costo della CO2 evitata per oltre 270 milioni di euro all'anno».

Con il rischio intanto di dissanguare le Casse dello Stato? Al contrario. «L'effetto netto sul bilancio dello Stato – spiega Regina – è di circa 10,5 miliardi di euro in 7 anni, ovvero l'impatto annuo sarebbe di 1,5 miliardi. Tuttavia in termini di una valutazione costi-efficacia, a fronte di questo investimento pubblico, il beneficio collettivo lordo sarebbe di circa 42,2 miliardi, ovvero un beneficio netto di oltre 31 miliardi. In altri termini, significa che ogni euro di investimento pubblico ne produce oltre 4 di beneficio collettivo in termini di risparmio energetico e esternalità ambientali evitate».

Certo, se poi ci fosse (ma in questo momento non c'è) la disponibilità per un piano più robusto di investimenti pubblici aggiuntivi, l'esito sarebbe addirittura strabiliante. Perché se lo scenario della "manutenzione" vale mezzo punto di Pil un'azione più coraggiosa (memorizzare bene per i tempi di minori ristrettezze) il Pil di ritorno potrebbe valere - stima Confindustria - più di tre punti percentuali. Ovvero buona parte se non tutto il cammino che ci consentirebbe persino di guidare i paesi più virtuosi nella auspicata nuova fase di ripresa globale delle economie.

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