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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2013 alle ore 07:18.

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Riva Acciaio, sbloccati 53 milioni

Si sbloccano i primi pagamenti per i fornitori di Riva Acciaio. Ieri il commissario e amministratore giudiziario, il commercialista tarantino Mario Tagarelli, nominato dal gip Patrizia Todisco, ha firmato autorizzazioni per 53 milioni di euro. Soldi che andranno ai fornitori, ma anche al pagamento di tributi (Iva) e dei contributi dei dirigenti, e che vengono dalle linee di credito per complessivi 90 milioni che le banche hanno riattivato col gruppo dopo la schiarita che c'è stata venerdì scorso al ministero dello Sviluppo economico. Vertice, questo, che ha garantito alle banche che i crediti di Riva Acciaio non verranno sequestrati e che la liquidità dei conti – questa sì sequestrata – sarà finalizzata alle esigenze delle aziende in modo da garantirne la continuità operativa.

Sempre ieri il commissario-amministratore Tagarelli ha scritto a Ilva Servizi Marittimi precisando che l'utilizzo delle navi, ammesso dal gip che però ha confermato il sequestro, deve intendersi per tutte le necessità aziendali. È invece rinviato a oggi il voto del Senato sul decreto legge della Pubblica amministrazione che, attraverso una serie di emendamenti, adesso contiene anche un capitolo Riva-Ilva. In sostanza, quanto il Governo avrebbe voluto fare con un decreto ad hoc, ovvero modificare le norme sul sequestro preventivo partendo dalla situazione di Riva Acciaio ed estendere i poteri del commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, sulle società controllate da quest'ultima, adesso è stato ripreso negli emendamenti al decreto Pa sui quali l'altro ieri la commissione Affari costituzionali del Senato ha già dato l'ok.

Ieri in aula è cominciata la discussione generale che prosegue oggi mentre l'esame degli emendamenti è fissato da martedì. Nel decreto Pa c'è già un capitolo Ilva ed è quello relativo all'autorizzazione delle due discariche, per rifiuti pericolosi e non pericolosi, che servono alla stessa azienda per mandare avanti la bonifica dello stabilimento.
L'approvazione del decreto legge sulla Pa è evidente che costituirebbe un ulteriore punto fermo per l'Ilva, che in questi giorni ha manifestato preoccupazione circa possibili contraccolpi del sequestro preventivo che ha colpito le società del gruppo Riva. Tuttavia è allo studio un'ipotesi che prevede che il governo faccia un ulteriore decreto legge per l'Ilva che da un lato recupererebbe tutta la parte sull'estensione dei poteri del commissario – che a questo punto verrebbe stralciata dal decreto Pa – e dall'altro introdurrebbe meccanismi per accelerare e soprattutto semplificare il rilascio delle autorizzazioni che servono all'Ilva per i lavori di risanamento prescritti dall'Autorizzazione integrata ambientale. Il sub commissario Edo Ronchi sarebbe il responsabile dei procedimenti e nel decreto Pa resterebbe solo la parte delle discariche già inserita dal Governo ad agosto.

«Abbiamo fatto i calcoli – spiega Ronchi a Il Sole 24 Ore –. Con i tempi attuali per le autorizzazioni, non ci stiamo e il cronoprogramma rischia di saltare. È indicativo quello che sta accadendo per i parchi minerali più piccoli: solo per chiarire il punto dell'assoggettabilità o meno alla Valutazione di impatto ambientale, vanno via tre mesi se tutto va bene. Si è fatta una prima conferenza di servizi a Taranto il 18 settembre, un'altra si terrà il 21 ottobre ma non sarà risolutiva».
Lo snellimento delle procedure è la questione su cui Bondi e Ronchi incalzano perchè ne va dell'attuazione del piano ambientale che potrebbe essere presentato nei prossimi giorni. Ma fondamentale è anche l'estensione del raggio d'azione di Bondi sulle controllate dell'Ilva, nove in tutto, nel momento in cui la trattativa per farsi finanziare l'Aia dalle banche è ad un passaggio importante. Un nuovo decreto ad hoc sull'Ilva, si osserva, sarebbe immediatamente operativo e asseconderebbe la necessità di recuperare sui tempi, mentre il decreto sulla Pa, che pure è importante, dopo il Senato dovrà andare alla Camera e, trattandosi di un provvedimento complesso, nulla esclude che Montecitorio lo emendi facendolo poi tornare a Palazzo Madama. E a quel punto anche le soluzioni per l'Ilva slitterebbero ancora.

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