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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 06:49.

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Marghera, retromarcia sulla bonifica

A giugno 2012 l'accordo di programma, il 21 gennaio 2013 il via ai quattro protocolli attuativi destinati a sbloccare le bonifiche a Porto Marghera: il maggiore sito industriale del NordEst, sul quale da un decennio pendevano progetti presentati e mai approvati. Ma ora si torna al passato.

Articolo 5, comma 5 dell'accordo di programma 2012: qui, nel testo concordato fra regione Veneto e ministero dell'Ambiente, si stabiliva che i terreni di scavo rientranti entro una specifica concentrazione di inquinanti (Csr) potessero essere riutilizzati all'interno del sito stesso. Nella conferenza dei servizi decisoria tenuta il 17 giugno scorso, però, a maggioranza è passata la tesi che tale riutilizzo, previsto dal protocollo, «deve essere valutato e autorizzato da competente autorità territoriale».

Una procedura che era stata condivisa e approvata, in sostanza, ora viene rimessa in discussione, «riaprendo le porte alla burocrazia e al sistema delle autorizzazioni. Una falla che, se applicata in ogni caso, diventa voragine», spiegano negli uffici del commissario straordinario al ripristino ambientale. Immediata protesta della Regione Veneto: «La burocrazia ministeriale e romana sta prendendosi una devastante rivincita, vanificando la semplificazione delle bonifiche e rallentando il riutilizzo delle aree – attacca il governatore Luca Zaia, che l'11 luglio ha scritto al nuovo ministro dell'Ambiente, Orlando, chiedendogli di intervenire –. Il danno è enorme: senza costi e tempi certi, difficilmente ci saranno nuovi insediamenti produttivi. Risulta ovvio infatti, che non può esserci riconversione senza bonifica. Si rischia di vanificare tutti i piani e gli sforzi per il risanamento dell'area e la sua rivitalizzazione».

La complessa procedura e l'incertezza connessa alle bonifiche avevano bloccato processi avviati fin dal 2001: fra i nomi dei piani presentati e in attesa, anche quelli di aziende poi entrate in crisi; la posizione strategica di quest'area resta però appetibile anche nei confronti degli investitori stranieri, come dimostrano le progettualità raccolte dal tavolo permanente per Porto Marghera, per un valore superiore ai 3 miliardi.

L'azienda al centro della vicenda, che aveva presentato la prima richiesta di intervento e bonifica nel 2011, ha ricevuto il verbale della riunione solo una decina di giorni fa. Ora potrà fare ricorso, spalancando al proprio progetto l'incognita dei tempi della giustizia.

Il futuro di Porto Marghera e della sua riqualificazione è uno degli obiettivi prioritari per la nuova giunta degli industriali veneziani: «Quest'area rappresenta l'anima stessa della vocazione industriale del territorio veneziano. Quello che Confindustria Venezia ha in mente è l'individuazione di un piano strategico per Marghera 2020, che valorizzi gli elementi che la rendono un unicum in Italia – come la ricchezza infrastrutturale e l'agibilità all'utilizzo delle banchine –, ma altrettanto metta in evidenza i paletti che impediscono a Porto Marghera di crescere e di essere un polo di attrazione per investimenti industriali – spiegano in associazione –. La complessità burocratica è il nostro tallone d'Achille e la zavorra che oggi sta rallentando le attività». L'obiettivo è «lavorare affinché venga al più presto attuato un piano di semplificazione. Occorre evitare lo stallo procedurale che rischia di diventare ogni giorno più vischioso sia per le aziende che per possibili nuovi investitori. In un momento in cui stiamo toccando tassi di disoccupazione giovanile mai visti, chiediamo a tutte le istituzioni interessate un'azione di responsabilità per non perdere importanti disponibilità di investimenti – e quindi di lavoro – a causa di disquisizioni di natura puramente burocratica».

Intanto si è raggiunta una soluzione per la vertenza dei lavoratori della Vinyls, risaliti per otto giorni sulla fiaccola, a 175 metri d'altezza, per denunciare la situazione che li vedeva operativi per garantire la sicurezza del sito, ma senza stipendio. La Regione Veneto, su proposta dell'assessore al Lavoro Elena Donazzan, ha deliberato un finanziamento di 120mila euro per i prossimi sei mesi, a favore di 66 addetti che saranno impiegati nelle attività socialmente utili di presidio e sorveglianza dell'impianto e di agevolazione delle operazioni di bonifica. L'intervento è interamente a carico della Regione tramite il Fondo regionale per il sostegno al reddito e all'occupazione del bilancio regionale 2013.

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