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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 17:30.

Lo scandalo rifiuti tossici colpisce il brand Campania

NAPOLI - L'emergenza ambientale in Campania – dopo le denunce dalla Terra dei fuochi e le scoperte di sversamenti di rifiuti tossici – mette in allarme le società di distribuzione italiane e straniere e finisce per riflettersi sulle vendite di prodotti agricolti e conserve vegetali, latte e mozzarella. Nell'ultima settimana gli ordini sono calati, a quanto sembra, complessivamente del 30% circa, mentre sempre più spesso le centrali di acquisto che distribuiscono il prodotto fresco nella grande distribuzione, soprattutto al Nord, chiedono che sulla merce venga indicata l'esatta provenienza, con tanto di dettaglio catastale, allo scopo, evidentemente, di poter escludere che frutta e verdura provengano dalle aree più a rischio a nord di Napoli e nel Casertano: Caivano, Casal di Principe, Acerra, Giugliano sono considerati snodi di un quadrilatero di morte, ma la cattiva immagine si estende all'intera regione e a tutte le sue produzioni. Il brand Campania viene colpito proprio mentre la Ue aggiunge una nuova Igp – per la pasta di Gragnano – alle numerose (335) già riconosciute. Da lunedì telefoni e posta elettronica sono roventi presso le associazioni di categoria degli agricoltori campani. E l'eco della "psicosi" si è sentita anche alla fiera di Anuga a Colonia, appuntamento importante per chi opera nel settore e cerca clienti fuori dall'Italia.

«Sono appena sceso dall'aereo di ritorno dalla Fiera tedesca – racconta Annibale Pancrazio, con aziende che esportano l'85% della produzione – e mi sono arrivati due sms da clienti che operano nel comparto biologico i quali mi chiedono chiarimenti sulle aree in cui vengono coltivati pomodori e legumi che le mie aziende trattano». «Preoccupazione – precisa Antonio Ferrajoli, ad di La Doria e presidente dell'Anicav – ma il pomodoro è coltivato soprattutto in Puglia, dal Casertano proviene solo il 7% delle conserve prodotte. E in ogni caso subisce numerosi controlli». La Camera di commercio di Napoli ha lanciato l'allarme. Il governatore Stefano Caldoro parla di «una manovra per screditare».

Insomma, ancora una volta la Campania trema. Nella terza regione italiana per produzione agricola si contano circa 88mila aziende, con un Pil di oltre 2 miliardi, e 65mila addetti. Un comparto che, con quello delle conserve alimentari, finora ha affrontato bene la crisi grazie soprattutto a una forte propensione all'export che nel 2013 ha già registrato un incremento del 10% circa. «La Regione Campania si è impegnata a eseguire altri controlli – dice Paolo di Palma, direttore di Confagricoltura Campania – e va bene, ma controlli e certificazioni non ne mancano. Le produzioni sono super monitorate. Le preoccupazioni che si sono diffuse sono pura follia e rischiano di creare danni enormi». E il direttore di Coldiretti regionale Prisco Lucio Sorbo aggiunge: «I prezzi sono calati, il danno è fatto. In alcuni supermercati è comparsa una scritta del tipo "Qui non vendiamo prodotti campani". Certo vanno fatte le bonifiche, bloccato il traffico dei rifiuti. Ma i nostri campi con tutto questo non c'entrano».

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