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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2013 alle ore 08:38.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Dieci delle principali imprese energetiche europee hanno organizzato, ieri, a Bruxelles una maxi-conferenza stampa per criticare la politica europea in questo delicatissimo settore. I dirigenti d'impresa - per l'Italia, gli amministratori delegati di Enel, Fulvio Conti, e di Eni, Paolo Scaroni - hanno messo l'accento su una strategia troppo frammentata e contradditoria, che addirittura sta provocando il rischio di interruzioni di corrente.
Tra le altre cose, le dieci società - oltre a Eni ed Enel, anche E.On, GasTerra, Gas Natural Fenosa, Gdf-Suez, Vattenfall, Rwe, Iberdrola e Cez Group - hanno chiesto che i sussidi alle rinnovabili vengano sospesi perché contribuiscono a un eccesso di offerta in un settore già caratterizzato da sovraccapacità. A indurre al grido d'allarme le dieci società, che rappresentano il 50% della capacità produttiva di elettricità d'Europa, è anche la scoperta del gas di scisto che sta scombussolando il mercato.
La presa di posizione giunge mentre la Commissione sta preparando entro fine anno nuovi obiettivi ambientali per il 2030. In questo momento, il pericolo maggiore secondo le dieci aziende è il pericolo di black-outs, provocato da una produzione intermittente di elettricità da parte delle rinnovabili e dalla chiusura di impianti termici, troppo costosi da mantenere in vita. «Il rischio di black-outs non è mai stato così elevato», ha detto il presidente di Gdf-Suez Gérard Mestrallet.
Secondo le dieci aziende, bisogna mettere un freno all'aumento dei prezzi dell'energia; garantire una offerta di gas ed elettricità che sia affidabile; e rafforzare le ambizioni dell'Europa in campo ambientale. Sul fronte del mercato delle emissioni nocive, la recessione ha provocato un calo dei prezzi dei titoli tale che le imprese non hanno più incentivo a modernizzare le catene produttive perché siano meno inquinanti. Il calo della domanda ha provocato una riduzione dei prezzi all'ingrosso, ma non al dettaglio.
Negli ultimi quattro anni, i prezzi dell'energia per i consumatori sono saliti del 17%, quelli per le imprese del 21%. Il ragionamento delle dieci aziende energetiche è semplice. Criticano i troppi sussidi alle rinnovabili che hanno accesso privilegiato alla rete elettrica e prezzi superiori a quelli di mercato, con il risultato che i vecchi impianti termici sono spesso troppo costosi da gestire, in un contesto di calo della domanda.
La situazione europea è aggravata dalla scoperta di gas di scisto negli Stati Uniti e da una politica comunitaria troppo frammentata. Scaroni ha ricordato che «le società e i consumatori europei pagano il gas tre volte più e l'elettricità due volte più delle controparti americane». Da un lato, il prezzo del gas in molti paesi è crollato. Dall'altro, in Europa, il prezzo dell'energia è aumentato anche per un costoso sistema di tasse e incentivi che ormai paradossalmente favorisce il carbone, nonostante questo sia inquinante.
Dal canto suo, Conti ha sottolineato che sul fronte europeo troppi commissari europei nell'esecutivo comunitario si occupano di energia. «Da un lato l'Europa tende a regolamentare troppo - le direttive che regolano la materia sono 72. Dall'altro, le politiche nazionali sono spesso in conflitto con le norme europee». Anche l'amministratore di Enel ha puntato il dito contro i sussidi alle rinnovabili e contro le tasse per limitare le emissioni di Co2, ambedue diversi da paese a paese.
L'amministratore dell'Enel si è detto «preoccupato per la stabilità del mercato dell'energia», in un contesto nel quale elevate bollette dell'elettricità e del riscaldamento stanno minando la competitività economica dell'Europa. Conti ha fatto notare le enormi differenze tra i paesi, ricordando che la Spagna non è collegata alla rete elettrica del Nord del continente; che la Francia continua a cavalcare il nucleare; e che la Germania invece ha deciso di abbandonare questa fonte di energia.
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