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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2013 alle ore 06:56.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2013 alle ore 17:20.

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Nuove perquisizioni e nuovi reati fiscali e societari contestati dai magistrati. L'inchiesta della procura di Milano sui quasi due miliardi di euro portati all'estero della famiglia Riva fa un nuovo passo avanti. Ieri i militari del Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano hanno perquisito le sedi di alcune società del gruppo siderurgico che controlla l'Ilva di Taranto alla ricerca di carte e documentazione utile alle indagini. I sostituti procuratori Stefano Civardi e Mauro Clerici - titolari dell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco - avrebbero invece contestato nuovi reati fiscali legati alla sovrastima di rapporti intercompany nelle operazioni che hanno avuto per oggetto alcuni passaggi societari in Lussemburgo che hanno permesso alla famiglia Riva di accumulare i quasi due miliardi di euro sequestrati nei mesi scorsi. I pm ipotizzerebbero anche eventuali reati societari legati alle infrazioni fiscali.

Emilio e Adriano Riva sono indagati per truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. Con i due industriali sono stati iscritti nel registro degli indagati anche due professionisti dello studio legale-tributario Biscozzi Nobili di Milano: Franco Pozzi ed Emilio Gnech, entrambi accusati di riciclaggio.
Il "tesoretto" dei Riva è stato sequestrato lo scorso maggio dalla Guardia di Finanza perché – scrive il gip di Fabrizio D'Arcangelo nel decreto di sequestro – i soldi «costituiscono il provento dei delitti di appropriazione indebita continuata e aggravata» da parte degli indagati «ai danni della Fire Finanziara spa (oggi Riva Fire, ndr), di truffa aggravata, di infedeltà patrimoniale e di false comunicazioni sociali, oltre che di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e di trasferimento fraudolento di valori».

Nel mirino della procura di Milano ci sono tre operazioni societarie passate al setaccio in questi mesi dagli uomini della Gdf. La prima, del dicembre 1995, riguarda la cessione di quote della società olandese Oak. La seconda è relativa alla vendita di una holding lussemburghese, la Stahlbeteiligungen Holding Sa, avvenuta nel maggio 1997. La terza riguarda invece la cessione dell'11,75% dell'Ilva Spa nel luglio 2003. Le tre operazioni hanno permesso ai due fratelli di generare una provvista complessiva di 1,39 miliardi di euro, dei quali 1,18 sono stati "rimpatriati giuridicamente" (il patrimonio è stato cioè regolarizzato, ma è rimasto all'estero) con lo scudo fiscale del 2009.
I soldi erano raccolti in alcuni trust di Jersey. Lo scorso agosto l'indagine ha portato al sequestro di altri 700 milioni di euro appartenenti alle famiglie di Emilio e Adriano Riva, facendo così salire il totale a circa 1,9 miliardi di euro. I finanzieri hanno anche scoperto altri trust in Nuova Zelanda e alle Bahamas più altri trust domiciliati a Jersey e i cui beneficiari sono i figli dei due Riva. I soldi sono stati investiti dalla Ubs Trustee di Jersey in gran parte in titoli di Stato altamente liquidi e sono stati parzialmente rimpatriati e depositati nel Fondo unico della giustizia.

Aggiornamento del 21 luglio 2021: con decreto del Gip di Milano del 3 aprile 2020, il procedimento nei confronti dei commercialisti Emilio Pozzi e di Emilio Ettore Gnech, oltre che degli altri indagati, è stato archiviato, per mancanza di elementi a sostegno dell’accusa.

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