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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2013 alle ore 20:01.

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L'80% della macchine espresso da bar prodotte e vendute sono italiane, e l'export continua a crescere. La Cina? E' lontana, non fa paura come accade in altri settori perché il Paese che ha inventato il mito e il rito dell'espresso, con crescenti successi in tutto il mondo (e in Cina ancora di più) sta diventando sempre di più un simbolo inimitabile di tecnologia e di design.

"C'è di più, stiamo consegnando migliaia e migliaia di macchine filtro, quelle che fanno il caffè all'americana, con la classica tazzona, negli Usa-ci dichiara Roberto Nocera, Ceo de La San Marco, una delle più antiche e titolate aziende dell'espresso-perché i produttori Usa ci hanno spiegato che chi fabbrica capolavori come le nostre macchine può applicare l'intelligenza e l'innovazione anche ai loro apparecchi. Dagli Stati Uniti all'Asia, continente di contraffattori ma anche di clienti sempre più attenti allo stile di vita italiano.

"Un ricchissimo operatore cinese proprietario di una catena alberghiera è venuto qui apposta-dichiara Rosi Mazzanti portavoce di Host, il Salone internazionale dell'ospitalità professionale aperto in fiera a Rho sino a martedì 22- ad acquistare arredamento e attrezzature per i suoi superlusso di Pechino e Canton, e prima di tutto le macchine espresso".

La novità è però un'altra ancora, che, in mezzo allo scintillio di preziosi ottoni e di lucenti acciai, con streamline anni Cinquanta sapientemente rivisitate, gli stand esibiscono ovunque il il "tricolore", tradotto in strisce, cartelli, imballi e spesso anche vistose dichiarazioni di italianità. Perché il fatto di produrre in Italia "tira" molto. Anzi, sugli imballi e sulle macchine occorre scrivere "Prodotto in Italia", in italiano, come chiedono i cinesi e i giapponesi affinché non si confondano con quelll'ingannevole "Made in Italy" che tanti contraffattori -asiatici-usano disinvoltamente.

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