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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2013 alle ore 09:44.

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FIRENZE
Si apre uno spiraglio per la riconversione "ecologica" dello stabilimento Lucchini di Piombino, anche se l'altoforno, simbolo e cuore della fabbrica siderurgica, si spegnerà tra poche settimane lasciando a casa centinaia di lavoratori. «L'attività dell'altoforno non aiuta a trovare investitori», ha detto ieri il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, nell'incontro convocato a Roma con sindacati, commissario dell'azienda, sindaco di Piombino e presidente della Regione Toscana.
La doccia fredda è solo parzialmente temperata dalla notizia del tentativo avviato di definire un piano per il rilancio della Lucchini e del porto di Piombino con quella che il sottosegretario ha chiamato «riconversione in polo siderurgico all'avanguardia». Si spinge più avanti il presidente toscano Enrico Rossi, secondo cui «oggi abbiamo l'impegno del Governo a supportare il progetto di conversione ecologica di Piombino puntando all'obiettivo della tecnologia Corex e del forno elettrico». Accanto a questi investimenti (servono più di 400 milioni), serviranno quelli per fare del porto toscano un polo per la rottamazione delle grandi navi europee, a partire dalla Costa Concordia (per la quale resta incerto il porto di smaltimento). Proprio per definire meglio il piano di rilancio della cittadina toscana e per lavorare a un eventuale accordo di programma, le parti hanno concordato di rivedersi tra quindici giorni. Una volta definito, il piano di rilancio dovrebbe essere presentato a Bruxelles per attivare finanziamenti Ue, da affiancare a fondi nazionali e regionali.
Ma, nonostante lo spiraglio che si apre sul futuro, il presente a Piombino fa paura e preoccupa lavoratori e sindaco, che infatti non esultano affatto per l'andamento dell'incontro di ieri. Per il sindaco, Gianni Anselmi, il mantenimento in funzione dell'altoforno avrebbe dovuto essere il primo tassello del progetto di riconversione industriale; l'annunciato spegnimento dell'altoforno, invece, rappresenta una sciagura dagli effetti pesanti, anche se il Governo si è impegnato a gestire la fase di transizione, attraverso cassa integrazione e valutazione di eventuali sinergie con l'Ilva di Taranto. Ma anche i sindacati sono preoccupati: «Non c'è certezza su tempi e scelte industriali - dice Luigi Gambardella della Uilm - l'altoforno deve rimanere acceso».
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