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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2013 alle ore 06:52.

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TARANTO
Nelle aziende di Riva Acciaio si sbloccano i pagamenti verso terzi. Il custode giudiziario, il commercialista tarantino Mario Tagarelli, sinora ha autorizzato spese per 103 milioni di euro in più tranche e altri pagamenti sono in arrivo a breve. Il meccanismo concordato prevede che Riva Acciaio invii al custode-amministratore giudiziario l'elenco delle scadenze che viene poi approvato e reso operativo dallo stesso Tagarelli. Quest'ultimo è stato nominato dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, col sequestro preventivo per equivalente disposto su beni, conti e partecipazioni del gruppo Riva nell'ambito dell'inchiesta sull'Ilva di Taranto.
Le risorse che si stanno utilizzando per i pagamenti sono quelle delle banche, che hanno riattivato le linee di credito, e del fatturato aziendale, visto che gli stabilimenti, ubicati tutti al Nord, hanno ripreso a lavorare lo scorso 30 settembre dopo che la proprietà li aveva bloccati per poco più di due settimane a causa del sequestro mettendo in libertà circa 1.300 operai. È stato il vertice del 27 settembre al ministero dello Sviluppo economico – presenti il ministro Flavio Zanonato, le banche esposte con Riva Acciaio e il custode giudiziario – a trovare una via d'uscita ad una crisi che stava deflagrando soprattutto in Veneto, Lombardia e Piemonte. Adesso un problema da affrontare è l'uso della liquidità esistente sui conti correnti di Riva Acciaio al momento del sequestro. Circa sessanta milioni, in parte bloccati e in parte confluiti nel Fondo unico di giustizia. Soldi, quest'ultimi, che possono essere finalizzati alle necessità aziendali dietro la supervisione del custode ma a condizione che Riva Acciaio ne garantisca verso l'amministrazione giudiziaria il rientro progressivo attraverso una fideiussione o uno strumento analogo. Le modalità del rientro, ma soprattutto la sua sostenibilità da parte dell'azienda, sono oggetto di un piano che si sta definendo in questi giorni con l'ausilio di due società di consulenza: la Deloitte per Riva Acciaio e la Kpmg per il custode (ma quest'ultima è ancora in fase di designazione).
E il ruolo e i poteri del custode non dovrebbero cambiare anche quando sarà convertito in legge il decreto sulla Pubblica amministrazione attualmente al vaglio della Camera dopo aver «incassato» il sì del Senato (la scadenza è il 30 ottobre). In questo decreto, infatti, oltre alle norme che estendono l'attività del commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, anche sulle società controllate dalla stessa Ilva, c'è una parte che modifica le norme sul sequestro preventivo traendo spunto dal caso Riva Acciaio. Nel testo al vaglio della Camera c'è infatti scritto (ed è un emendamento inserito al Senato) che «ove il sequestro, eseguito ai fini della confisca per equivalente, abbia ad oggetto società, aziende ovvero beni, ivi compresi i titoli, nonchè quote azionarie o liquidità anche se in deposito, il custode giudiziario ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esclusivamente alfine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria». Per il custode il cambio è evidente: da gestore a controllore. Ma nella revisione della norma non c'è alcun riferimento retroattivo che pure in un primo momento si voleva inserire. La disposizione, quindi, varrebbe dall'approvazione della legge in poi lasciando inalterata la funzione del custode giudiziario di Riva Acciaio.
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