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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2013 alle ore 06:46.

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BRESCIA. Dal nostro inviato
La ripresa, quella vera, non si vede ancora. Ma i numeri dimostrano che le imprese bresciane non mollano, e sono pronte a lottare e ad intercettare i primi accenni di ritorno alla crescita. Merito di una struttura che ha retto ai colpi della crisi, grazie alla capacità di trovare un nuovo assetto sul mercato, puntando con decisione sui mercati internazionali: in alcuni settori (è il caso della componentistica automotive, della chimica-gomma-plastica e delle meccanica) il numero di aziende estere supera ormai quello delle unità produttive locali . Lo dimostrano i dati di un'analisi dell'Associazione industriale bresciana sulle performance dei principali gruppi industriali locali nel biennio 2011-2012. Dopo sei anni di congiuntura negativa i principali gruppi manifatturieri della provincia (80 realtà, alle quali fanno capo 628 imprese con oltre 40mila addetti) dimostrano, nonostante i contraccolpi sugli utili, di avere una situazione patrimoniale solida e possibilità di indebitamento (leverage finanziario) ancora consistenti. E mantengono volumi di fatturato importante (13 miliardi aggregati, 30 se si cosidera il dato complessivo di tutto il Sistema Brescia), soprattutto grazie al fattore estero.
«Teniamo botta – sintetizza Paolo Streparava, vicepresidente dell'Associazione industriale bresciana con delega all'Economia –. Questa crisi ci ha insegnato a rivedere i processi interni, a tornare ad essere uomini di fabbrica. Ci eravamo abituati a rincorrere la crescita: siamo tornati con i piedi ben piantati a terra».
Il sistema ha retto soprattutto grazie a scelte lungimiranti operate nel passato recente. «La scelte di andare all'estero, demonizzata anni fa da alcuni per timori di delocalizzazioni radicali è stata premiante – prosegue Streparava insieme al direttore David Vannozzi –. Con il mercato interno attuale, è soprattutto grazie alla nostra presenza internazionale che siamo riusciti a mantenere competitività, quote di mercato e capacità tecnologiche. È una scelta obbligata, altrimenti, al contrario, rischiamo di dovere cedere alle varie sirene delle agenzie per lo sviluppo della Carinzia e della Slovenia».
L'analisi dei dati di bilancio, condotta da Gianfranco Tosini, Davide Fedreghini e Francesco Beghetti, ha evidenziato una sostanziale tenuta del fatturato, che nel 2012 è calato del 3,8% rispetto all'anno precedente. All'interno di questo quadro, ci sono differenze tra settori. Ci sono comparti come l'alimentare e la componentistica automotive che reggono bene (-0,3%), altri, come la carta e stampa e la meccanica addirittura in controtendenza (rispettivamente +2,1% e +2,3%). Per alcuni settori, invece, il crollo è verticale: è il caso delle forge (-10,8%, ma va detto che negli anni precedenti la crescita era stata forte), della chimica-gomma-plastica (-9%) e del sistema moda, che ha perso il 10% dei ricavi nell'ultimo anno.
La sostanziale tenuta dei ricavi (anche l'occupazione ha retto: nel 2012 sono stati creati circa 300 posti di lavoro in più) ha però un prezzo. «I gruppi bresciani – spiega Tosini – hanno sacrificato tutta la redditività. Nell'ultimo anno l'ebit è calato del 39 per cento: le aziende hanno ceduto sui margini per difendere strenuamente le quote di mercato». Cala anche la redditività netta. «Molte aziende – spiega Tosini – hanno compensato vendendo partecipazioni non strategiche».
La leva finanziaria resta positiva, i rapporti con il circuito del credito sono sempre più difficili (i rischi per le banche aumentano), ma il livello di indebitamento non è aumentato (molte realtà hanno ridotto gli investimenti), e le aziende restano ancora ben patrimonializzate, con possibilità di fare debito ancora in futuro. «In generale – spiegano gli analisti bresciani – si può ipotizzare, nei gruppi esaminati, un legame tra la capacità di generare ancora reddito e l'internazionalizzazione. È solo grazie all'estero che le aziende delle meccanica, della componentistica automotive, dell'eletromeccanica, sono riuscite a mantenere marginalità accettabili».
matteo.meneghello@ilsole24ore.com
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